13 Dicembre 2020 Facebook alla sbarra negli Stati Uniti

L'indagine della Federal Trade Commission sul mercato digitale negli Stati Uniti ha avuto seguito nell'azione giudiziaria promossa questa settimana contro Facebook, con il supporto di 46 azioni giudiziarie coordinate azioni statali, ripetendo il copione dell'azione contro Microsoft del 1998 per le restrizioni della concorrenza nel segmento dei personal computer.

Dopo 18 mesi di indagini, il regolatore federale è giunto alla conclusione che le mega acquisizioni di Instagram (2012) e WhatsApp (2014), da parte di Facebook, avevano il fine prevalente di eliminare la concorrenza che insidiava il dominio dell'azienda di M. Zuckenberg.

L'azienda è stata citata in giudizio presso il Tribunale distrettuale federale per il distretto di Columbia, per definire illecita la posizione dominante che Facebook ha acquisito nel controllo di commercio elettronico, social network, pubblicità online. L'obbiettivo dichiarato è quello di imporre a Facebook l'interruzione delle pratiche abusive e la dismissione delle aziende acquisite. Il modello potrebbe essere replicato a breve anche contro Google, Amazon e Apple, che condividono con Facebook il dominio del mercato digitale, e l'approccio monopolistico al mercato.

La causa si annuncia storica: Facebook ha immediatamente reagito alla ricerca di consensi nell'industria digitale, facendo notare che le acquisizioni oggi nel mirino furono a suo tempo autorizzate dagli stessi regolatori che oggi chiedono lo smembramento dell'azienda. In realtà, non solo il mercato negli ultimi cinque anni ha vissuto una concentrazione imprevedibile, ma altri argomenti supportano l'azione contro l'azienda di Zuckenberg. Il mercato ovviamente non è un soggetto statico, ma tende ad evolvere spesso con forme e modalità ben diverse da quanto previsto. In particolare il mercato digitale è diventato un mercato dominato dal controllo sui dati personali degli utenti, sui loro comportamenti non solo di acquisto ma di navigazione e acquisizione di conoscenza. In questo quadro il controllo totale della catena alimentare del settore digitale che i colossi "big tech" hanno raggiunto crea una barriera all'entrata che è quasi insormontabile per i nuovi entranti. Il secondo elemento che rende poco credibile la reazione di Facebook, è che nel corso dell'indagine sono stati acquisiti documenti, non presentati al momento delle acquisizioni sotto inchiesta, che hanno dimostrato come per i dirigenti di Facebook l'eliminazione della concorrenza era di gran lunga il primo obiettivo strategico di quelle operazioni di acquisto. Inoltre al momento delle acquisizioni Zuckerberg aveva garantito che le società controllate sarebbero state gestite in modo indipendente, ma dall'inchiesta è emerso quanto è sotto gli occhi di tutti: la progressiva integrazione delle aziende incorporate  nella controllante, sino a perdere di vista ogni differenza. Gli utenti sono attratti dalla facilità di collegamento degli account e condivisione di contenuti tra le diverse piattaforme, ma, secondo la procura antitrust, la contropartita è che l'integrazione delle piattaforme permette all'azienda di orientare le scelte dei consumatori e limitare la privacy ed il controllo dei dati personali.

Legalmente la causa non è affatto facile, per la difficoltà insita in ogni azione regolatoria in campi non immaginati dal legislatore costituzionale, ma anche per la forza economica del convenuto che può mettere in campo risorse legali infinite e agire con una comunicazione martellante oltre che per l'opinabilità delle valutazioni sulla misurazione della concorrenza.
Politicamente il compito dei regolatori è oggi più agevole, se si considera che in occasione delle ultime elezioni presidenziali USA c'è stato un sollevamento bipartisan contro l'influenza eccessiva dei social network nella competizione elettorale. Lo schieramento politico è compatto contro le big del settore, e la nuova azione giudiziaria che si svolgerà durante l'amministrazione Biden, sembra il naturale proseguimento dell'analoga causa promossa quest'anno contro Google dal Dipartimento di Giustizia, guidato da un procuratore generale fedele al presidente Donald Trump.

Siamo al primo atto di una battaglia legale che si annuncia storica e che influirà sui comportamenti di milioni di consumatori negli Stati Uniti e nel mondo. Sarà utile nelle prossime settimane cercare di inquadrare storicamente le azioni anti trust per meglio capire i meccanismi di questa complessa questione legale e di mercato.

https://www.nytimes.com/2020/12/09/technology/facebook-antitrust-monopoly.html?action=click&campaign_id=56&emc=edit_cn_20201210&instance_id=24889&module=Spotlight&nl=on-politics-with-lisa-lerer&pgtype=Homepage&regi_id=119078463&segment_id=46545&te=1&user_id=2a74dd3700f65ab51d36c973a13b01b1

https://apnews.com/article/lawsuits-squash-879a956bf767f652dd0f5dff0a94a8d6?utm_source=Sailthru&utm_medium=email&utm_campaign=AP Morning Wire&utm_term=Morning Wire Subscribers