27 12 2020 Le Monde: Biden e la protezione della classe media
Su Le Monde del 19 Dicembre è stato pubblicato un colloquio fra
- Pascal Lamy, già Direttore Generale WTO,
- Laurence Nardon, dell'Institut Français de Relations Internationales,
- Renaud Lassus, Consigliere economico dell'ambasciata francese negli USA,
- Thomas Philippon, Professore di Finanza alla New York University,
quattro professionisti francesi delle relazioni con gli Stati Uniti, chiamati dal quotidiano francese a incrociare i punti di vista sull'evoluzione della società e della politica americane a un mese dall'elezione alla presidenza di J. Biden.
Sul cambio della guardia Trump/Biden le opinioni sono molto diversificate: da Nardon che considera Trump un genio della comunicazione, a Lamy che lo vede come una versione molto particolare del populismo, "una versione hollywoodiana" del sistema costituzionale americano. Interessante la notazione di Philippon sulla dissociazione fra voto presidenziale e voto senatoriale, nel senso che in vari stati gli elettori hanno voltato le spalle a Trump ma non al candidato senatore repubblicano. In avvenire il partito, secondo Nardon, se non vuole scomparire dovrà cercare di rinnovare i legami con la classe media nelle sue fasce più basse, benché negli ultimi quattro anni siano state beneficiate dai maggiori aumenti salariali. Al momento, per lo studioso francese, la parte più moderata dello schieramento repubblicano non fa più sentire la sua voce, completamente dissolta dal ciclone Trump.
Lassus ritiene, con un approccio che risente direttamente della lezione di Schelsinger jr, che indipendentemente da Biden, negli USA sia arrivato la fine del ciclo culturale e storico neo liberista, che ha imposto il dogma della prevalenza dell'individuo sulla società, della competizione sulla cooperazione e che considera un male assoluto ogni forma di regolazione governativa.
Sostanziale convergenza fra gli intervenuti sul fatto che negli USA vi sia un sostanziale consenso bipartisan su tre capitoli prioritari del possibile cambiamento: a livello sociale, la necessità di ripensare forme minime di salario, ripristinare condizioni di vera uguaglianza di opportunità nel sistema educativo e riformare il sistema di welfare ormai obsoleto; affrontare la questione climatica in modo consapevole del trend pericoloso assunto da alcune forme di degrado; dare una complessiva sistemazione al ruolo dei giganti di "big tech" la cui influenza nella vita quotidiana è diventata fonte di preoccupazione per molti.
Più differenziate le opinioni degli intervenuti, in materia di politica estera. Per Lamy gli USA devono necessariamente orientare le loro priorità verso l'asse del Pacifico, per cui l'Europa sarà trascurata anche senza le asprezze del recente passato. Per Nardon è fallita la strategia di lungo periodo disegnata da Kissinger negli anni '70 volta a integrare la Cina nel sistema internazionale con l'intento di forzare la nomeklatura a democratizzare la nazione, mentre nel dopo Trump il mondo sembra ancora costretto alle sfere di influenza, come nel periodo della guerra fredda. Per Lassus il multilateralismo non è morto, malgrado gli errori di Trump, che non solo ha lasciato troppi spazi all'espansionismo cinese, ma ha indirettamente alimentato l'ascesa dell'ala autarchica e isolazionista nel Partito Comunista cinese.
Le conclusioni del quotidiano parigino sono che "Biden si focalizzerà sulla classe media" e che "gli Europei devono porsi il problema delle mutazioni profonde" in corso negli Stati Uniti.