29 Novembre 2020 Come salvare la democrazia dalla tecnologia

Sotto il titolo “Come salvare la Democrazia dalla Tecnologia”, Francis Fukuyama, Barak Richman e Ashisg Goel, tutti della Stanford University, aprono un dibattito pubblico sul monopolio detenuto dalle grandi piattaforme digitali e fanno una concreta proposta per un’azione anti trust.

Foreign Affairs (https://www.foreignaffairs.com/articles/united-states/2020-11-24/fukuyama-how-save-democracy-technology)

Il ragionamento dei tre autori muove dall’analisi strettamente economica della lotta a monopoli e concentrazioni . Queste forme ben note di limitazione della concorrenza e soggezione dei consumatori sono tornate a dominare il sistema economico negli ultimi trent’anni, grazie “all’influsso della dominante scuola economica di Chicago, guidata da Milton Friedman e George Stigler”.  Si è diffusa la convinzione che le concentrazioni monopolistiche siano effetto inevitabile della libera concorrenza e premino le aziende migliori. Si è così finito per limitare le valutazioni delle politiche antitrust alla verifica della “massimizzazione dell’utilità per i consumatori”, dimenticando la lezione della "scuola neo-brandeisiana" secondo cui le norme anti trust “hanno lo scopo di proteggere non solo i valori economici ma anche quelli politici, come la libertà di parola e l'uguaglianza economica.”

Negli ultimi anni nella teoria economica, di fronte alla constatazione che i monopoli non rappresentano la situazione migliore per il mercato si verifica  “un movimento intellettuale in crescita, guidato da una cerchia di influenti studiosi del diritto, che sta cercando di reinterpretare la legge antitrust”. Questo movimento intellettuale ha finito ben presto “per affrontare il dominio delle piattaforme digitali …che esercitano il controllo sia sul versante economico che sui colli di bottiglia della comunicazione”.

Ma se questi studiosi si sono preoccupati degli aspetti economici, secondo Fukuyama e colleghi, è ben più preoccupante il piano politico della questione: “Big Tech domina la diffusione delle informazioni e il coordinamento della mobilitazione politica. Ciò pone minacce uniche a una democrazia ben funzionante”. Lo si è visto quando “dal 2016… ha consentito agli imbroglioni di spacciare notizie false e agli estremisti di spingere le teorie del complotto. Ha creato "bolle " in cui, a causa del modo in cui funzionano i loro algoritmi, gli utenti sono esposti solo a informazioni che confermano le loro convinzioni preesistenti. E possono acquisire un'influenza inquietante sul dibattito politico democratico”. Paradossalmente dopo che il campo progressista ha chiesto “alle piattaforme di assumersi una maggiore responsabilità per i contenuti che trasmettono”, nel 2020 sono stati più che altro “i conservatori a lamentarsi del pregiudizio politico delle piattaforme Internet”. Questa considerazione apre una favorevole prospettiva per affrontare la questione delle piattaforme digitali con un rinnovato spirito bipartisan.

In passato sono stati proposti diversi metodi per porre rimedio a questa situazione: maggiore regolamentazione governativa, stimoli alla concorrenza, incremento della portabilità dei dati, estensione della normativa sulla privacy. Queste politiche però “chiuderebbero la porta a un cavallo che ha lasciato da tempo la stalla” e creerebbero una barriera all’ingresso perché “si correrebbe il rischio di congelare semplicemente i vantaggi acquisiti dai first mover”.

Fukuyama e i suoi colleghi propongono una soluzione diversa, basata sull’utilizzo del middleware . Tecnicamente il concetto di middleware non è nuovo, essendo stato studiato e utilizzato sino dagli anni Novanta nella costruzione delle architetture informatiche di sistemi distribuiti. Uno di grandi produttori di software ne spiegava così nel 1996 il funzionamento “un software che risiede tra un sistema operativo e le applicazioni in esso eseguite … funziona come un livello di traduzione nascosto… un raccordo, in quanto connette due applicazioni per trasmettere dati e database dall'una all'altra”“(Microsoft - https://azure.microsoft.com/it-it/overview/what-is-middleware/).

Nell’attuale mercato digitale l’uso del middleware “consentirebbe agli utenti di scegliere come le informazioni vengono selezionale e filtrate per loro. Gli utenti avrebbero la scelta fra servizi middleware che determinano l'importanza e la veridicità dei contenuti politici e le piattaforme utilizzerebbero tali valutazioni  per determinare ciò che quegli utenti vedono. In altre parole, si creerebbe un livello competitivo di nuove aziende con algoritmi trasparenti che assumerebbe le funzioni di gateway editoriale attualmente occupate da piattaforme tecnologiche dominanti secondo algoritmi sono opachi”.

Gli autori non si nascondo che la scelta della soluzione middleware da sola non risolve tutti i problemi, restando da definire “quanto potere trasferire alle nuove società”, ed essendo “necessario l'intervento del governo…. Con una legge che impone alle piattaforme di utilizzare interfacce di programmazione di applicazioni aperte e uniformi”.

La parola d’ordine è quindi “riprendere il controllo” dei dati e delle scelte, attraverso l’uso del middleware, che toglierebbe il potere alle grandi piattaforme. “Con il middleware, gli utenti della piattaforma tornerebbero in possesso del controllo. Gli utenti, e non un programma di intelligenza artificiale invisibile, determineranno ciò che poi vedranno”.

Oltre all’interesse per la costruttiva presentazione di un’ipotesi concreta di azione, l’articolo dei tre accademici di Stanford appare interessante perché:

- Incide su uno degli elementi critici del futuro delle economie e dei sistemi politici occidentali;

- Compara le attività europee con quelle americane, riconoscendone la contiguità;

- Offre una visione né apocalittica né utopica del futuro;

- Propone una soluzione operativa  che potrebbe aprire anche nuovi  scenari di mercato;

- Muove su un terreno che può essere gradito a ogni parte politica

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Si tratta solo dell'ultima puntata di un dibattito che è intenso nel mondo accademico e politico negli Stati Uniti e in Europa, che andrà seguito nei prossimi mesi.