Critiche a Biden per la gestione della produzione di vaccini
E oggettivo che nella presente pandemia dieci nazione ricche si sono divise il 75% di tutte le dosi di vaccini contro il coronavirus somministrate a livello globale, mentre circa 130 nazioni non hanno avuto accesso ai vaccini.
Dopo essersi assicurati la parte del leone del vaccino mondiale, paesi potenti tra cui non solo le super potenze ma anche potenze medie come Emirati Arabi Uniti e India, stanno iniziando a ridistribuire i vaccini nei paesi in cui cercano influenza. Il caso dell'India è pieno di contraddizioni: primo produttore mondiale, sia pure su licenza, di vaccini, primo ad usare la sua produzione come un'arma diplomatica, e oggi alle prese con una diffusione del virus senza freni all'interno dei suoi confini. In generale l'Occidente è poi accusato di accumulare vaccini a spese dei paesi in via di sviluppo.
Proliferano i dubbi sulla capacità delle organizzazioni internazionali, come COVAX sostenuta dall'OMS, di garantire l'accesso globale ai vaccini, e dare un accesso equo a livello globale in un regime di tempestività e convenienza economica che riconsideri l'approccio ai diritti di proprietà intellettuale.
In questo quadro negli Stati Uniti si sono levate voci critiche per quello che è stato definito il fallimento della leadership globale di Biden, confermato dal recente discorso di Biden al Congresso, che ha ignorato la questione dei brevetti sul vaccino anti COVID-19, pur proclamando che gli Stati Uniti stanno "guidando di nuovo il mondo nel fornire vaccini a comunità difficili da raggiungere".
La questione chiave taciuta da Biden riguarda la richiesta fatta già nell'ottobre 2020 da India e Sud Africa di rinunciare temporaneamente a brevetti e diritti di proprietà intellettuale al fine di aumentare rapidamente la produzione di vaccini in tutto il mondo. In base alla proposta, i paesi membri dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) avrebbero il diritto di aggirare le licenze di proprietà intellettuale in caso di emergenza nazionale. La proposta era basata sulla Dichiarazione di Doha sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS), a sua volta nata dalla crisi dell'HIV / AIDS.
L'amministrazione Biden è impegnata in un negoziato con le principali aziende farmaceutiche, guidato dal rappresentante per il commercio degli Stati Uniti Katherine Tai. Ma per la comunità scientifica i tempi della politica sono troppo lunghi : "Dobbiamo schiacciare il COVID ora, non nel 2022, 2023 o 2024. In questo momento, Biden sta promettendo 60 milioni di dosi da AstraZeneca quando miliardi ne hanno bisogno, facendo teatro piuttosto che realizzare una politica audace" secondo Gregg Gonsalves, epidemiologo della Yale School of Public Health.
Il negoziato è difficile perché è necessario il trasferimento di know-how all'India e ad altri paesi che garantiscono capacità di produzione ma insieme sono bisognosi di vaccino per le loro popolazioni. Si deve ricordare che l'industria farmaceutica ha meno diritti di proprietà intellettuale su questi vaccini perché ha ricevuto miliardi di dollari dei contribuenti per il loro sviluppo rapido. Il governo degli Stati Uniti, ad esempio, ha finanziato il 100% del progetto sul vaccino di Moderna, (Public Citizen). Sempre negli USA Pfizer ha ottenuto per lo stesso obbiettivo un credito governativo da 1,95 miliardi di dollari.
In supporto all'azione di Katherine Tai si sono mossi l'uomo di punta COVID-19 dell'amministrazione, Anthony Fauci; Seth Berkley di Gavi, la Vaccine Alliance, una partnership globale per la salute pubblica-privata che supervisiona la distribuzione dei vaccini; Bill Gates come capofila dei donatori privati sulla salute pubblica. Sembrava esserci spazio per un compromesso, che però sta tardando.
I critici di Biden, oltre a ricordare le promesse fatte in campagna elettorale, lo accusano di evitare lo scontro con l'industria farmaceutica ed i repubblicani in un momento in cui è prioritaria l'approvazione del programma di investimenti sulle infrastrutture.
In assenza di una risposta diretta sulle rinunce ai brevetti, l'amministrazione si è mossa con la stanziamento di 4 miliardi di dollari per Vaccines Global Access (COVAX), un piano delle Nazioni Unite per la condivisione globale dei vaccini, e ha comunicato di avere organizzato l'invio di 60 milioni di dosi del vaccino AstraZeneca alle nazioni bisognose. Una misura insufficiente che è stata definita una goccia nel mare, mentre le disuguaglianze si stanno allargando.
La sinistra del Partito Democratico sta premendo sul Presidente perché si muova per la liberalizzazione dei brevetti: Bernie Sanders, Elizabeth Warren e altri nove senatori democratici hanno inviato una lettera a Biden e discusso con il Segretario di Stato Antony Blinken, per raccomandare che gli sforzi di vaccinazione nelle nazioni in via di sviluppo avvengono simultaneamente a quanto si fa in America.
In una lettera inviata a Biden nel marzo 2021, la Pharmaceutical Research and Manufacturers of America, ha espresso la posizione dell'industria farmaceutica: non ci sono prove che una deroga sui brevetti aumenterebbe la produzione o l'accesso di vaccini. Forse la risposta di Biden è arrivata nel discorso del 28 aprile, quando ha invitato le società statunitensi a pagare la loro "giusta quota" per il bene pubblico, pur senza citare direttamente l'industria farmaceutica.
La speranza è che la questione venga affrontata e risolta nella riunione dell'OMC-WTO del 5 maggio, o al più tardi all'inizio di giugno, quando è prevista la riunione del Consiglio TRIPS dell'OMC, che monitora le questioni relative alla proprietà intellettuale.
Sembra difficile negare che questa esitazione sia una resa alle ragioni del mercato e del profitto.
MATERIALI / FONTI
Michael Hirsh - Foreign Policy