Deanne Julius: i piani fiscali di Biden sono coraggiosi e audaci
L'economista Deanne Julius, membro del Comitato di politica monetaria della Banca d'Inghilterra, ha giudicato positivamente la proposta fiscale del Presidente Biden sulla riforma della tassazione delle società negli Stati Uniti. L'articolo è stato pubblicato sul Financial Times e ripreso da Chatham House.
"Joe Biden si sta dimostrando audace nelle sue ambizioni fiscali e coraggioso nella scelta delle riforme. Ciò è particolarmente vero per l'ultimo tentativo del presidente degli Stati Uniti e del segretario al Tesoro, Janet Yellen, di addentrarsi nel labirinto della tassazione delle società. Norme oscure hanno plasmato a lungo la struttura finanziaria delle società internazionali che sfruttano scappatoie legittime per risparmiare sulle tasse. Ci sono quindi elementi sostanziali da riformare, non ultimo il contributo a finanziare i piani di spesa multimiliardari di Joe Biden. Ma la riforma, ovviamente, richiederà il superamento dell'inerzia sistemica e dell'opposizione politica. La campagna metterà inoltre alla prova la capacità di Biden di mobilitare gli alleati e mettere gli Stati uniti alla guida di un cambiamento sistemico globale.
Il piano risponde a tre diversi fattori. Il primo è la necessità post-pandemia di aumentare le entrate. L'aumento dell'aliquota principale dell'imposta sugli utili delle società statunitensi dal 21% al 28% aumenterebbe circa 2.000 miliardi di dollari le entrate in 15 anni. Questo aiuterebbe a finanziare l'intervento sulle infrastrutture pubbliche di cui gli Stati Uniti hanno bisogno e mostrerebbe anche ai mercati finanziari che ci sono piani per controllare l'aumento del debito pubblico.
Anche nel Regno Unito, il Cancelliere Rishi Sunak vede anche la tassazione delle società come un interessante strumento per aumentare le entrate, e ha annunciato in marzo 2021 un aumento graduale da un'aliquota dell'imposta sulle società del 19% al 25% nel 2023.
La seconda forza che spinge la riforma di Biden è la volontà di chiudere le scappatoie fiscali internazionali, come già richiesto in sede OCSE, limitando il trasferimento all'estero dei profitti. A causa della complessità fiscale e della possibilità di arbitraggio, l'aumento delle tasse in un paese spesso incentiva solo le aziende a spostare i profitti verso paesi a bassa tassazione o verso paradisi fiscali con tasse zero, eufemisticamente definiti "centri di investimento", come Hong Kong e Bermuda.
Allo stesso tempo, la proposta di Biden di un'aliquota fiscale minima globale per le società al 21% cerca di contrastare una "corsa al ribasso". È improbabile che venga concordato al livello proposto, e sarà anche difficile da applicare, tuttavia, la definizione di un benchmark globale e il monitoraggio della conformità possono spingere molti paesi nella stessa direzione.
Infine, la proposta di tassare le grandi società internazionali, in parte sulla quota delle loro vendite nei mercati di accoglienza, rappresenterebbe una grande riforma globale. Sebbene discusso a lungo all'OCSE, l'iniziativa era stata bloccata dall'amministrazione Trump, che richiedeva che la misura si applicasse su base volontaria per le aziende. La proposta di Biden, che invece chiede ai paesi di allinearsi agli USA, aiuterebbe a disinnescare la giustificabile rabbia dell'opinione pubblica nei confronti delle multinazionali straniere che hanno una grande presenza nei mercati ospitanti ma pagano poche o nessuna tassa lì.
Portare le grandi società internazionali ad essere tassate in parte sulla quota delle loro vendite nei mercati di accoglienza, rappresenterebbe una grande riforma globale.
Insieme, questi tre argomenti descrivono un'opportunità unica per riformare un sistema obsoleto, opaco e ingiusto di tassazione globale delle società. Ci sarà l'opposizione di alcune grandi aziende e di molti piccoli paradisi fiscali. Le stime dei benefici e dei costi, dei vincitori e dei vinti, prolifereranno quindi sarà importante fare attenzione alle simulazioni che saranno fatte in ogni direzione. L'assoluta complessità delle attuali norme fiscali renderà difficile anche per una singola azienda valutare l'impatto complessivo, mentre l'effetto sulla posizione aziendale e sulle catene di approvvigionamento può solo essere intuito.
Molto tempo improduttivo, ma essenziale, viene utilizzato per la pianificazione fiscale entro i limiti delle norme. Una volta che gli schemi transnazionali vengono approvati dai revisori esterni, raramente nel tempo vengono modificati, a pena di incorrere nel contenzioso fiscale. L'attuale sistema non è economicamente efficiente nè suscettibile di aumentare la produttività globale. Al contrario, la riforma fiscale di Biden potrebbe generare guadagni sostanziali allineando la scelta dell'ubicazione delle società in maggiore connessione con l'offerta e la domanda sottostanti. Come effetto indiretto, può anche aiutare a disinnescare la sfiducia dell'opinione pubblica nei confronti delle società globali di successo. È quindi un piano audace, anche coraggioso e globale, con molti potenziali vantaggi."