Diario della settimana - lunga e drammatica- 03/13 gennaio
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Diario della settimana - lunga e drammatica- 03/13 gennaio

La settimana è stata drammatica, come e più del previsto, e va ripercorsa giorno per giorno nel crescendo di follia che ha portato all'attacco al Parlamento da parte dei sostenitori di Trump.

Il Washington Post ha pubblicato il 3 gennaio 2021 la registrazione di una conversazione telefonica intercorsa due giorni prima fra il Presidente Trump e il Segretario di stato della Georgia, il repubblicano Raffensperger, nella quale Trump incitava il funzionario elettivo a “trovare i 10.000 voti necessari” per rovesciare le elezioni presidenziali in Georgia. Le polemiche si sono scatenate, mentre lo stesso giorno la Camera dei Rappresentanti confermava Nancy Pelosi per il quarto mandato come speaker. In un accurato fact cheking della registrazione il NYT ha smentito le affermazioni di Trump relativamente ai presunti 18.000 voti per Biden che sarebbero stati immessi forzosamente nelle urne elettorali in Georgia. Le inchieste condotte dai funzionari repubblicani dello stato della Georgia, basate su testimonianze e registrazioni video, dimostrano l’insussistenza delle accuse del Presidente uscente. Successivamente R. Giuliani è stato accusato di aver manipolato i filmati esibiti come prova in tribunale, per cercare di forzare la mano ai giudici, e dovrà subire un processo davanti all’associazione legale di New York.

Preoccupante e inedita la dichiarazione congiunta rilasciata il 3 gennaio dai dieci ex segretari alla difesa  viventi, inclusi i “falchi” repubblicani Donald Rumsfeld, Dick Cheney , Mark Esper e Jim Mattis, che hanno chiesto “una transizione pacifica del potere” avvertendo che “qualsiasi sforzo per coinvolgere i militari nella risoluzione delle controversie elettorali porterebbe in un territorio pericoloso, illegale e incostituzionale". Questa non sollecitata presa di posizione, va collegata a tre recenti fatti: 1 la mancata nomina di un ministro della difesa dopo le dimissioni richieste a Mark Esper il 9 novembre 2020, 2 il suggerimento dato al Presidente Trump dall’ex Generale Flynn di istituire la legge marziale e ripetere le elezioni sotto controllo militare, 3 la pubblica protesta dello staff del Presidente eletto Biden in merito alla mancata collaborazione dei funzionari del Pentagono con lo staff della transizione presidenziale. Sembra proprio che per cercare di conservare il potere Trump abbia lanciato un attacco alle istituzioni, anche se nessuno ha il coraggio di chiamarlo apertamente un tentativo di colpo di stato, cui è stato chiesto, inutilmente, ai militari di partecipare.

In vista della riunione del Congresso del 6 gennaio, quattro senatori repubblicani, Susan Collins del Maine, Lisa Murkowski dell’Alaska, Bill Cassidy della Louisiana e Mitt Romney dello Utah hanno firmato un appello per facilitare la transizione verso la Presidenza Biden e annunciato che non voteranno le obiezioni che saranno proposte dai loro compagni di partito fedeli al Presidente. Questo riduce quasi a zero le possibilità che anche una sola delle Camere voti contro la conferma dell’elezione di Biden, quando serve un voto congiunto.

Il gennaio, il Presidente Trump, nel tentativo di creare problemi alla futura amministrazione, ha nuovamente nominato nel consiglio della FED l'economista Judy Shelton, la cui nomina era stata respinta dal Senato solo tre settimane prima. La nomina di Shelton, che per le sue visioni originali al limite del fantasioso potrebbe essere definita una negazionista dell’economia, non aggiunge nulla al mandato di Trump, ma rischia di creare qualche problema di gestione nella FED dei prossimi anni.

Il Presidente Trump ha ripetutamente cercato di convincere il suo vice M. Pence a frapporre ostacoli alla procedura di certificazione del voto popolare, ma  alla vigilia della riunione del Congresso Pence ha ufficialmente comunicato di non ritenere che i suoi poteri gli consentano altro che la registrazione della volontà degli Stati, e delle Camere in caso di obiezione.

Il 5 gennaio nelle elezioni suppletive in Georgia i due canditati democratici hanno conquistato entrambi i seggi in ballottaggio, dando al Partito Democratico la teorica maggioranza: i senatori sono 50/50 fra i due partiti, e il voto della vice presidente K. Harris diventa determinante per considerare i democratici maggioranza.

Il 6 gennaio gli avvenimenti sono precipitati in modo drammatico e inatteso, anche per chi si aspettava i fuochi d’artificio della rozza mentalità politica di Trump. Mentre le due camere nel Campidoglio di Washington affrontavano la prima obiezione dei repubblicani sulla certificazione del voto dell’Arizona, il Presidente Trump ha arringato la folla con stile ambiguo e mellifluo: chiarissimo nell’incitare a rivoltarsi contro il voto rubato, del tutto silente sulle prove di tale frode, e volutamente equivoco, se non viscido, sul cosa fare. Espressioni  come: "Se non combattete come l'inferno, non avrete più un paese. Lasciate che i deboli escano. Questo è il momento della forza", o ancora “date ai nostri repubblicani il tipo di orgoglio e audacia di cui hanno bisogno per riprendersi il nostro paese ", sembrano studiate accuratamente per incitare la massa all'insurrezione, cercando di evitare per sé un’accusa formale di sedizione. La successiva invasione violenta del Campidoglio da parte di una folla armata e almeno in parte perfettamente addestrata alla guerriglia, ha interrotto per la prima volta nella storia americana i lavori parlamentari. La folla seguendo le indicazioni di Trump, non ha  selezionato bersagli, mettendo nel mirino l’istituzione e tutta la classe politica, democratici e repubblicani senza distinzioni. Alcuni fra i professionisti del terrorismo interno avevano invece obbiettivi precisi: le buste con i documenti delle certificazioni, che sono state messe in salvo dalla prontezza di un’assistente parlamentare (https://www.fox5dc.com/news/dc-aide-grabs-electoral-college-ballots-before-mob-broke-into-senate-floor), e l’ufficio della speaker della Camera N. Pelosi, da cui dopo una piccola devastazione  è stato asportato un personal computer della parlamentare democratica (https://www.reuters.com/article/us-usa-election-cyber/laptop-stolen-from-pelosis-office-during-storming-of-us-capitol-says-aide-idUSKBN29D2HA).

La seduta è stata sospesa mentre all’interno del palazzo scoppiavano scontri che alla fine avrebbero causato cinque morti, quattro fra gli assalitori e uno fra le forze dell’ordine. Solo dopo quasi due ore il Presidente uscente, che seguiva con i figli e la sua corte la scena sui monitor piazzati in una tenda nei giardini della Casa Bianca,  è tornato a farsi sentire  ringraziando i patrioti per il loro coraggio e invitandoli a tornare a casa in pace.

Una volta intervenuta la Guardia Nazionale, e ripresa dopo otto ore la seduta del Congresso, numerosi repubblicani hanno cancellato le loro obiezioni per reazione contro la tentata sovversione istituzionale, e i due che invece hanno insistito – Ted Cruz del Texas e Josh Hawley del Mississippi – devono ora fronteggiare una proposta di censura da parte del Senato. Solo alle 3 del mattino del 7 dicembre, sedici ore dopo l’inizio, il Congresso ha terminato i lavori, proclamando l’elezione di Joe Biden con 306 voti elettorali contro i 232 per Trump.

Fortissime le reazioni contro quello che solo gli amanti dei tecnicismi possono non definire un tentato colpo di stato: da ogni settore politico e sociale il comportamento di Trump è stato giudicato autoritario, sedizioso e anticostituzionale. Il Presidente eletto Biden, ha invitato a Trump a presentarsi di fronte alle telecamere per richiamare i suoi seguaci: “l’attacco al congresso non è un’espressione di dissenso, ma confina con la sedizione e l’insurrezione”. I principali sostenitori repubblicani di Trump lo hanno abbandonato, come il senatore L. Graham che aveva condiviso tutta la strategia postelettorale, che ha dichiarato che il Presidente è andato troppo oltre. Va però detto che  circa metà dei parlamentari repubblicani hanno votato contro la conferma dell’elezione di Biden, confermando che la presa di Trump sul GOP è ancora forte. Sono stati bloccati gli account presidenziali sui social network, grancassa mediatica di Trump da quattro anni, con una decisione controversa sia nel merito, che nei tempi in cui è stata presa.  Le principali corporation hanno nel giro 24 ore comunicato l’interruzione dei finanziamenti, chi al GOP, chi ai fedelissimi di Trump, chi a tutti i partiti. Le stesse istituzioni finanziarie in contatto con Trump Corporation hanno iniziato il riposizionamento sulle partite difficili, memori della strategia aggressiva di Trump nella precedente vita professionale. Per arrivare sino all’apolitica, compassata, e tradizionalmente conservatrice, associazione dei golfisti americani, che ha comunicato di avere cancellato un campionato previsto presso una struttura di proprietà del tycoon. Dopo essersi divisa nelle elezioni del 3 Novembre, aprendo la strada alla vittoria di Biden, l’America conservatrice ha voltato le spalle a Trump, almeno a maggioranza.

Attonito più per le reazioni agli incidenti che per l’esito della seduta, il presidente Trump ha cambiato tono e linguaggio, “concedendo” una vittoria ormai ufficiale, nell’evidente tentativo di sfuggire ad ulteriori conseguenze. Altri due membri del gabinetto si sono dimessi, Betsy DeVos, segretario all’ educazione, e Elaine Chao, ai trasporti,  così come numerosi funzionari della Casa Bianca, confermando che ormai il circolo ristretto dei consiglieri presidenziali è limitato a estremisti pronti alla sedizione. Il 10 gennaio dal Pentagono veniva emanata una nuova circolare firmata dal Capo degli Stati Maggiori Riuniti, Mark Milley, che ingiunge a tutti i militari di astenersi dal partecipare a azioni contro le istituzioni. “ogni atto che interrompe il processo costituzionale non è solo contrario alle tradizioni, ai valori ed ai giuramenti militari: è contrario alla legge”.

Il 11 gennaio la Presidente della Camera Pelosi, ha chiesto informalmente al capo delle forze armate di non rispettare eventuali ordini di attacco nucleare dati da Trump, e poi con un ordine del giorno della Camera ha chiesto al Vice Presidente Pence di aprire entro due giorni il procedimento di rimozione del presidente secondo il 25° emendamento. Pelosi ha avvertito che in mancanza di tale iniziativa, la Camera aprirà immediatamente la procedura di ”impeachment” contro un Presidente ormai apertamente sovversivo.

Il Presidente uscente si è debolmente difeso in un discorso in Texas, definendo il nuovo impeachment una caccia alle streghe, e mostrando sorpresa per le reazioni al suo discorso alla folla in tumulto, fatto a suo dire solo di frasi “appropriate”.

Il 13 gennaio Mike Pence ha riposto negativamente alla formale richiesta della Camera, ritenendo che sia nell’interesse della pacificazione nazionale evitare nuove divisioni. Si è così subito aperta la procedura di impeachment che inizierà operativamente il 14 gennaio. I tempi prima dell’inaugurazione del 20 gennaio sono stretti, ma i due partiti hanno un comune interesse nel rimuove Trump non tanto dalla presidenza, che ormai gli resta solo per pochi giorni, ma da ogni futura contesa politica.

I Rappresentanti voteranno su un singolo articolo di impeachment, che accusa Trump di avere "incitato alla violenza contro il governo degli Stati Uniti …. facendosi istigatore e complice della rivolta al Campidoglio” del 6 gennaio. Alla Camera i Democratici dovrebbero approvare facilmente l’impeachemnt, e dovrebbero poter raccogliere anche un centinaio di voti repubblicani.

La Costituzione prevede che, una volta approvato la messa in stato di accusa dalla Camera dei rappresentanti, l'accusato debba essere giudicato dal Senato, che decide come alta corte, con la maggioranza dei due terzi dei senatori necessaria per "la rimozione dall'incarico e l’interdizione a detenere e godere di qualsiasi ufficio d'onore, fiducia o profitto negli Stati Uniti ". Secondo i pochi precedenti, dopo la condanna e la rimozione dall'incarico, per sancire l’interdizione è necessario un secondo voto del Senato, ma con la sola maggioranza semplice. Ci sono solo tre precedenti, l'ultimo, il giudice federale G. Thomas Porteous Jr. nel 2010.

La Costituzione e i precedenti storici sembrano inoltre consentire al Senato di processare un funzionario federale anche dopo che ha lasciato l'incarico, come avvenne nel marzo 1876, quando il segretario alla guerra William Belknap, si dimise sotto la pressione politica per le accuse di peculato in particolare nella gestione degli avamposti alla frontiera ovest; più tardi quel giorno stesso venne messo sotto accusa. Il procedimento si concluse solo due anni dopo, nell'agosto 1876, quando il Senato finì con l’assolvere Belknap.

Ci sono poche possibilità pratiche che fra Camera e Senato la procedura possa essere completata prima della fine naturale del mandato di Trump, il 20 gennaio, ma il vero fine dell’azione resta quello di rimuovere per sempre Trump dalla politica, e dare un esempio a chi volesse pensare di seguirne le gesta. L’interdizione dagli uffici, rappresenterebbe in questo senso l’unica punizione concreta che è possibile infliggere a Trump per i numerosi danni provocati alla democrazia americana.

Per approfondire

https://www.latimes.com/politics/story/2021-01-03/ex-defense-chiefs-call-for-peaceful-transition-of-power

https://edition.cnn.com/2021/01/12/opinions/impeaching-trump-not-enough-honig/index.html

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