Grover Cleveland: il presidente che Donald Trump vuole imitare

Giunto alla terza campagna presidenziale in otto anni, Donald Trump si presenta ancora come esponente del nuovo e dell'anti politica, riscuotendo il sostegno di molti cittadini disamorati dalla classe politica formatasi negli ultimi quaranta anni, di cui Joe Biden è forse l'ultimo esponente. Chiedendo un nuovo mandato agli americani, oltre a riprendere i temi del populismo che sin dal 1850 riemergono come un fiume carsico nel dibattito politico americano, Trump conta scaramanticamente su un precedente. Nel 1892 Grover Cleveland fu il primo presidente a riconquistare la Casa Bianca dopo averla persa quattro anni prima. Eletto 22° presidente nel 1884, Cleveland perse le elezioni del 1888, riuscendo nuovamente a imporsi quattro anni dopo, caso unico nella storia della presidenza USA.

La personalità di Cleveland è tipica dell'esplosione americana di fine ottocento, ma anche peculiare e distinta all'interno del sistema politico allora ancora in formazione. Da avvocato a sceriffo, a sindaco di Buffalo e governatore dello stato di New York, Cleveland fece una carriere repentina e fuori dagli schemi del tempo. Animato da un fiero disdegno per la cultura, accademica o anche solo libresca, nel solco del pragmatismo americano, pare che Cleveland leggesse solo testi di legge e manuali giuridici che servivano per la sua attività. Solo un anno dopo l'elezione a governatore, Cleveland venne nominato candidato presidenziale per il partito democratico. Il primo candidato a non aver partecipato alla Guerra Civile.

Poco prima delle elezioni fece scandalo la notizia che lo scapolo Cleveland aveva riconosciuto qualche anno prima come proprio il figlio di una vedova (Maria Halpin), e il rumore provocato dalla vicenda avrebbe potuto fermare la sua corsa, se non fosse intervenuto un colpo di scena con la comparsa del vero padre. Presidente uscente era il repubblicano Chester Arthur , subentrato a James Garfield, ventesimo presidente, colpito appena quattro mesi dopo l'inaugurazione, dai colpi della rivoltella sparati da uno squilibrato Charles Guiteau, deluso nelle sue aspettative di nomina ad un incarico consolare. Garfield morì dopo tre mesi di agonia, durante i quali i migliori scienza dell'epoca di tutto il mondo, da A. G. Bell a J. Lister, si prodigarono inutilmente per salvarlo. Pur avendo avuto un quadriennio quasi intero per preparare la rielezione, Arthur non riuscì a guadagnare consensi nemmeno all'interno del Partito Repubblicano, che puntava sul Generale W. T. Sherman, e scelse alla fine James Blaine, che già aveva tentato la carta presidenziale in due precedenti occasioni. Blaine, senatore del Maine, pur attaccato dalla stampa per alcuni presunti scandali finanziari, prevalse su Arthur alla Convention Nazionale Repubblicana dopo quattro accese votazioni, che lasciarono il partito diviso e indebolito. Si tratta dell'ultima occasione in cui un Presidente in carica, pur cercando la riconferma, sia stato bocciato dal suo partito. Cleveland vinse nel 1884 ottenendo 25.000 voti popolari più di Arthur, che gli garantirono 219 voti elettorali contro 182, ovvero il 48,9% del voto e il 56,6% del collegio elettorale.

Il primo mandato di Cleveland, dal 5 marzo 1885 allo stesso giorno del 1889, fu caratterizzato dalla lotta del governo contro l'aumento della spesa federale. Nel discorso inaugurale assicurò gli elettori che avrebbe governato garantendo la fiducia nelle istituzioni, e pose il veto a otto proposte di legge presentate solo nei suoi primi due mesi di mandato. Arrivò a respingere una legge per aiuti economici al Texas colpito da inondazioni nel 1887, e secondo alcune statistiche sarebbe ancor oggi il Presidente che nella storia abbia usato più frequentemente il potere di veto. Questo lo portò a inimicarsi una parte consistente del suo stesso partito, in particolare la macchina politica newyorkese di Tammany Hall. Le principali linee dell'amministrazione Cleveland furono in politica estera l'isolazionismo, in materia economica la riduzione dei dazi doganali e in politica interna la continuità nell'assorbimento forzato dei nativi americani. Nel 1186 i primi segnali della crisi economica portarono a rivolte locali che Cleveland contribuì a reprimere (Haymarket Riot - 1886). Nell'immaginario popolare l'evento centrale del primo mandato fu nel 1886 il matrimonio di Cleveland con Frances Folsom (1864-1947), una studentessa del Wells College di New York che aveva 27 anni meno di lui, e a 21 anni divenne la più giovane first lady nella storia degli Stati Uniti. I coniugi Cleveland avrebbero avuto cinque figli. Altri presidenti si erano sposati mentre erano in carica, ma Cleveland fu il primo a celebrare la cerimonia alla Casa Bianca. Alle elezioni del 1888 i Repubblicani scelsero Benjamin Harrison (1833-1901), un veterano dell'Indiana fautore del libero scambio e della riduzione delle tariffe doganali, che riuscì anche ad ottenere Il tumultuoso sviluppo economico americano cominciava a creare problemi alla nazione e sul banco degli imputati finì Cleveland, per la sua radicalità nel mantenere alte le tariffe doganali, con conseguenti difficoltà per l'industria che aveva bisogno di materie prime e tecnologia dall'estero per continuare il ciclo espansivo. L'argomento fu divisivo e decisivo nelle elezioni presidenziali del 1888. Harrison vinse le elezioni. A suo favore l'appoggio compatto dell'elettorato cattolico, e la forte affluenza degli elettori negli stati industriali del Nord-Est che vedevano i loro posti di lavoro minacciati dalle tariffe doganali. Cleveland perse persino il suo stato, New York, per 15.000 voti, su oltre un milione di elettori. Harrison ottenne 5.443.892 voti e  233 delegati conto i 5.534.488 voti e 168 delegati di Cleveland. Nella storia delle elezioni presidenziali solo cinque presidenti hanno vinto le elezioni pur perdendo il voto popolare: John Quincy Adams (1824), Rutherford B. Hayes (1876), Benjamin Harrison (1888), George W. Bush (2000), Donald Trump (2016).

Le elezioni presidenziali del 1892 furono una ripetizione dello scontro di quattro anni prima, fra Harrison e Cleveland, che aveva da subito immaginato la rivincita, tanto che la moglie aveva detto ai collaboratori lasciando la Casa Bianca nel 1889, di prendersi cura dei mobili perché lei e suo marito sarebbero tornati dopo quattro anni.  Cleveland era tornato a vivere a New York, lavorando in uno studio legale, e dichiarando di abbandonare la vita politica. In realtà la rielezioneera il suo vero obiettivo, ma aveva bisogno dell'appoggio del partito. Per questo voleva che fossero i democratici, in particolare newyorkesi, a chiedergli di correre. Va ricordato che all'epoca non vigeva il sistema delle primarie, e le convenzioni si giocavano sulle alleanze all'interno dei gruppi dirigenti dei partiti. A differenza della campagna del 1884, la campagna presidenziale del 1892 fu priva di eventi sensazionali. Il presidente Harrison, afflitto dalla tubercolosi della moglie Caroline (1832-92), non fece campagna personalmente e Cleveland seguì l'esempio, come del resto era abituale all'epoca. Due fattori diedero a Cleveland la spinta per la rielezione:  l'appoggio riconquistato dell'apparato del partito democratico in cambio della promessa di una riduzione dei dazi, e la presenza di un candidato populista, James Weaver. Cleveland prevalse con 5.551.883 voti popolari e 277 delegati, distaccando il Presidente Harrison di oltre 400.000 voti (145 delegati). Influente ma non decisivo il risultato di Weaver, che tolse ai principali partiti 1.024.280 voti e 22 delegati.

Il secondo mandato di Cleveland coincise con la crisi finanziaria più grave del secolo, passata alla storia come il panico del 1893. Iniziò con la crisi della Reading Company, colosso del comparto ferroviario , e quella del finanziaria del debito argentino, che travolsero alcuni istituti bancari, con conseguente crisi creditizia e crollo del mercato azionario. L'aumento repentino della disoccupazione (+19% nel 1893/1894) portò a un'ondata di scioperi che paralizzò le industrie del carbone e dei trasporti nel 1894. La ripresa sarebbe venuta solo negli anni 1896-97, con la corsa all'oro del Klondike che diede l'impulso per una nuova crescita durata oltre un decennio, ma la carriera politica di Cleveland a quel punto era già finita.
La politica di Cleveland anche nel secondo quadriennio alla Casa Bianca fu sostanzialmente conservatrice, in particolare con il rifiuto della parità per gli afroamericani, la negazione del diritto di voto per le donne, e l'ossessione per l'assimilazione dei nativi americani. Durante il panico del '93 la popolarità di Cleveland scese ai minimi livelli quando incaricò le truppe federali di reprimere lo sciopero dei dipendenti del colosso ferroviario Pullman nel 1894. Contrario all'invadenza del governo federale ed all'uso della legislazione per realizzare cambiamenti sociali, Cleveland entrò sempre più spesso in rotta di collisione con il Congresso, e pur rafforzando il potere esecutivo del governo federale, perse seguito e popolarità nella nazione.

Gli storici americani danno di Cleveland un giudizio in chiaroscuro: se da un lato fu inattaccabile sul piano personale e agì attivamente per favorire l'economia nazionale, non ebbe mai una visione globale della società americana. Contrario all'uso della legislazione per apportare cambiamenti sociali, oltre al rafforzamento dell'esecutivo, é' ricordato più per l'ostinazione con cui si oppose a quelle che considerava derive negative nella società americana, che per i risultati concreti raggiunti. Universale il generale apprezzamento per la sua forza di carattere, onestà e intransigenza, che lo portarono ad aumentare il prestigio della presidenza. Si ritirò a Princeton dove assunse la presidenza di quella università, e dove morì a 71 anni il 24 giugno 1908.

La vicenda umana e politica di Grover Cleveland suggerisce alcuni elementi di somiglianza con quella di Donald Trump, che spera di seguirne le orme. Ma anche elementi che devono preoccupare, in America e altrove, per il rischio che oltre alla felice conclusione del tentativo di rivincita, la storia si ripeta anche con una pericolosa crisi economica dovuta alla pervicacia nel seguire politiche economiche poco pragmatiche e lontane dalla realtà .