I temi della presidenziale USA: pistole e cannoni

Per il cittadino americano medio parlare di armi significa evocare il dibattito in corso da alcuni decenni sul secondo emendamento e il diritto di portare armi.  Ma in generale quando si parla di armi americane non si può non pensare all'industria degli armamenti, un settore potente e influente dell'economia americana.

Sul primo versante, che si può definire interno, le posizioni sono cristallizzate: Donald Trump è da sempre sostenitore dell'interpretazione originalista del dettato costituzionale del 1791 "essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata Milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare Armi non potrà essere violato". Interpretazione che, mettendo l'inciso sulla milizia e con un chiaro anacronismo, è sostenuta dalla maggioranza conservatrice della Corte Suprema che lo stesso Trump ha contribuito a creare durante il suo primo mandato presidenziale.  Politicamente Trump incassa il sostegno assoluto della National Rifle Association, la potente lobby dei fabbricanti di armi che, pur scossa da scandali finanziari che l'hanno costretta ad avvicendare i suoi dirigenti, costituisce una compatta base dell'elettorato repubblicano. Certo proprio l'episodio di Butler (Pennsylvania) del 13 luglio scorso, ha costretto qualcuno ad interrogarsi sull'eccessiva permissività di un sistema che consente a persone disturbate mentalmente di costruirsi indiscriminatamente veri e propri arsenali di armi d'assalto. Ma il possesso e l'uso delle armi è troppo radicato nella mentalità dell'americano medio, che questi dubbi occasionali non é scalfito minimamente.

Kamala Harris ha una posizione non ideologica e in qualche modo sfumata sulla questione: il suo passato di ex procuratore distrettuale permette alla candidata democratica di non essere attaccabile per lassismo nei confronti della criminalità e la porta a dichiararsi favorevole al sistema del secondo emendamento. Ma proprio la rivendicazione di essere lei stessa proprietaria di un'arma da difesa, la porta a chiedere con autorevolezza una riforma dell'eccessivo permissivismo nella vendita di armi, e di promettere in caso di elezione, l'introduzione di limiti più stringenti su quantità di armi possedute e modalità di vendita. Con l'obbiettivo di circoscrivere in modo ragionevole, e favorevole al cittadino medio, l'assoluta libertà preconizzata dal suo avversario. In una intervista alla stazione televisiva WPI di Philadelphia, guarda caso al centro di uno degli stati in bilico il prossimo 5 novembre, Harris ha detto"sono fermamente convinta che il divieto di vendere armi d'assalto sia coerente con il Secondo Emendamento e con il diritto a possedere un'arma", trovando così un equilibrio che potrebbe portarle qualche consenso in più.

Sul versante della produzione di armi, dagli anni sessanta del novecento si è affermata la lettura proposta di John K. Galbraith sul condizionamento esercitato sulla politica americana  dal "complesso militare - industriale". Questo connubio permanente ha orientato in larga misura il rapporto tra Stato e mercato, rendendo spesso secondario il ruolo delle istituzioni nella società. Il sistema con una pianificazione stringente in nome della sicurezza nazionale influisce in modo determinante sul libero mercato. Nessuna amministrazione dal 1946 ha però potuto sottrarsi alle responsabilità strategiche degli Stati Uniti, riaffermando la sincronia fra industria degli armamenti e politica estera. Storicamente proprio noi europei non possiamo lamentarci di questa deriva: non va dimenticato che nei tre anni successivi all'entrata degli USA nel secondo conflitto mondiale, l'industria americana fornì quasi due terzi di tutto l'equipaggiamento militare alleato, e che in quattro anni, la produzione industriale americana, già la più grande al mondo, raddoppiò di dimensioni. La capacità industriale USA costituisce la base della difesa, con un articolato sistema di fabbriche tanto di proprietà del governo che di privati. Insieme alle grosse aziende (guidate da cinque colossi Lockheed Martin, Boeing, General Dynamics, RTX, Northrop Grumman), una miriade di piccole aziende realizzano componenti  per i sistemi di difesa e contribuiscono all'innovazione tecnologica, insieme alle università.

Dopo l'invasione russa dell'Ucraina, il supporto politico dato a Kiev dall'amministrazione Biden si è tradotto in due programmi di supporto militare (Presidential Drawdown Authority PDA e Ukraine Security Assistance Initiative USAI), con il trasferimento di armi e servizi di difesa direttamente dalle scorte americane per un valore che è stato calcolato in 24 miliardi di dollari (costo storico delle attrezzature meno l'ammortamento basato sulla durata di utilizzo). Cui si sono aggiunti 113 miliardi di dollari di nuova produzione bellica stanziati dal Congresso. Non ostante questo, un think-tank conservatore come il Center for Strategic and Internation Studies, soffia sul fuoco ammonendo che gli USA non sono sufficientemente preparati per un prossimo conflitto anche regionale: "In un conflitto regionale importante, come potrebbe essere una guerra con la Cina nello Stretto di Taiwan, l'uso di munizioni da parte degli Stati Uniti probabilmente supererebbe le attuali scorte del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. In base alle simulazioni condotte gli Stati Uniti probabilmente esaurirebbero in soli sei giorni alcune categorie di armi, come i missili a lunga gittata teleguidati".

Nell'attuale campagna elettorale, sorprendentemente Donal Trump ha assunto il ruolo del pacifista, arrivando a dire in un comizio nel Wisconsin: "espellerò i guerrafondai dal nostro sistema di sicurezza nazionale facendo pulizia del complesso militare-industriale per fermare il profitto della guerra.Per mettere l'America al primo posto porremo fine a queste guerre infinite". Non esattamente la politica seguita durante il suo quadriennio presidenziale, che secondo studi indipendenti ( Trendingeconomics) solo nell'anno elettorale del 2020 vide un rallentamento nella crescita della produzione bellica. Infatti l'amministrazione Trump con il programma "Buy American" aveva sostenuto la promessa elettorale di aumentare i posti di lavoro nel settore manifatturiero, anche tramite la produzione di sistemi difesa che hanno permesso di mantenere linee produttive che altrimenti sarebbero state ridimensionate.

La candidata democratica Kamala Harris ha promesso di mantenere la capacità militare degli Stati Uniti, già nel discorso di accettazione della nomination, sostenendo Israele e le alleanze con l'Ucraina e la NATO. Il suo consigliere per la sicurezza nazionale in pectore, Phil Gordon, ha recisamente negato che il programma di Harris includa la possibilità di un embargo sulla vendita di armi, assicurando continuità con la politica dell'amministrazione Biden. Durante gli ultimi quattro anni, in corrispondenza con il drammatico innalzamento del numero e del livello dei conflitti, la produzione di armamenti ha seguito un trend di crescita che non si registrava da molto tempo, quindi non ci si deve aspettare un rallentamento in caso di vittoria democratica. Anche se i sondaggi dicono che fra i militari ed i veterani che si sono registrati come elettori, Trump sarebbe in vantaggio su Harris  59% contro 36%. Peraltro
alcuni alti ufficiali in pensione hanno pubblicato una lettera a sostegno della vicepresidente, in risposta agli attacchi repubblicani che attribuiscono al binomio Biden/Harris la responsabilità completa del caotico ritiro degli Stati Uniti dall'Afghanistan nel 2021.

Una maggioranza di americani è interessata alla libertà di portare armi in patria. Molti vedono il loro bilancio familire dipendere dall'industria degli armamenti. C'è poco di identitario in tutto questo, anche se le divisioni sono profonde.  Nei prossimi quattro anni é probabile che chiunque prevarrà nelle elezioni di novembre sarà impegnato a conservare lo status dell'America come principale potenza militare al mondo, e di conseguenza il budget militare continuerà nel trend di crescita attuale sino a quando non sarà ricostruito un equilibrio geo politico che consenta di allentare la corsa agli armamenti.

https://www.nraila.org/articles/20240518/nra-s-political-victory-fund-endorses-president-donald-j-trump
https://edition.cnn.com/2024/09/20/politics/gun-owner-kamala-harris/index.html
https://www.csis.org/analysis/how-supporting-ukraine-revitalizing-us-defense-industrial-base
https://features.csis.org/preparing-the-US-industrial-base-to-deter-conflict-with-China/
https://usafacts.org/state-of-the-union/defense/
https://tradingeconomics.com/united-states/weapons-sales
https://www.mordorintelligence.com/industry-reports/united-states-defense-market