Il Partito Repubblicano non sfugge al controllo di Trump
Il Partito Repubblicano è alla ricerca della giusta strategia per sostenere il ruolo di oppositore del Presidente Biden, e insieme traguardare le prossime scadenze elettorali (2022 mid term - 2024 presidenziali) e trovare un equilibrio fra la sua struttura politica e l'ingombrante presenza dell'ex presidente Trump.
Fra i numerosi recenti micro avvenimenti che costellano la difficile strada del GOP, il primo in ordine di importanza è l'appoggio dato dal leader della minoranza alla Camera, K. McCarthy, alla proposta di togliere a Liz Cheney la carica di suo vice. La rappresentante del Wyoming si è sempre espressa contro la personalizzazione della leadership da parte di Trump, oltre che per il suo dissenso sulle singole questioni, per l'estraneità dell'ex presidente alle strutture del partito. Trump ha costruito il suo successo del 2016 sull'ambivalenza fra un messaggio anti partito, lanciato con il pieno appoggio del partito Repubblicano, mettendo le basi per una crisi di rappresentatività che è puntualmente scoppiata. La posizione di Cheney è silenziosamente condivisa sia ai vertici che alla base del partito, da quanti per quattro anni hanno mal sopportato la trasformazione della Casa Bianca in una corte regale, nella quale la sola regola meritocratica è stata sostituita dal livello di fedeltà al Capo, qualunque giravolta facesse. Nel dicembre 2020 i vertici del partito avevano salvato Cheney dal primo tentativo di rimozione organizzato dai fedelissimi di Trump, ma adesso la posizione della figlia dell'ex vice presidente di G. W. Bush sta vacillando. E con essa quella dell'ala moderata del partito che può contare su una ristretta ma combattiva pattuglia di senatori, fedeli alla tradizione repubblicana più che a Trump e alla sua corte. Cheney darà battaglia la prossima settimana, sostenendo che è venuto il momento di rifiutare il culto della personalità di Trump, e l'esito della sfida rischia di essere determinante per l'immediato futuro, ma anche per le scelte dei prossimi due anni. Al punto che alcuni analisti prevedono un compromesso che lasci intatte tutte le opzioni a disposizione del partito di fronte a un presidente democratico che è volato nei sondaggi oltre il 65% di gradimento da parte dell'elettorato americano.
Fra le seconde linee del partito la battaglia è violenta: alle primarie in Texas per un'elezione suppletiva della camera 23 sfidanti si sono allineati dietro la prima arrivata, che altri non è se non la vedova dell'ex rappresentante da sostituire. In uno stato a solida maggioranza repubblicana, la vera sfida sono le primarie e non il voto finale, ma il Texas è considerato un indicatore importante delle tendenze politiche del partito repubblicano, in quanto cittadella inattaccabile da due generazioni, in cui cui demografia e geografia riflettono gli Stati Uniti in miniatura. Al momento del voto il rischio per i repubblicani è che finisca per avere un peso negativo il rifiuto di Donald Trump di riconoscere legittimità ai risultati delle elezioni del 2020, inficiando così anche i propri successi. E' appunto il caso del Texas, dove il G.O.P. era probabilmente in una posizione ideale per sottrarsi all'attrazione fatale della popolarità presidenziale. Adesso invece sembra che la benedizione dell'ex presidente sia tornata ad essere determinante per vincere le primarie.
Esiste anche la possibilità che al momento delle prossime elezioni possa verificarsi una dispersione di voti repubblicani a causa delle rivalità interne, ma questo sembra essere il rischio minore che il GOP ha scelto di correre. Ne è una dimostrazione l'attacco personale violento sferrato da Fox TV, con il suo tenore Tucker Carlson contro lo stesso leader della minoranza alla Camera, McCarthy, accusato di condividere un lussuoso attico a Washington con un lobbysta, Frank Luntz. Comunque stiano e vadano le cose, un serio incidente di percorso per l'uomo che aspira alla carica di speaker della Camera in caso di vittoria repubblicana nel mid term. Il fatto che l'attacco venga da uno dei più fedeli sostenitori di Trump nella stampa americana, induce a sospettare che possa esserci un terminale a Mar a Lago per questa manovra.
I leader del partito repubblicano, e i loro sostenitori, continuano a sottolineare la compattezza dei parlamentari che dopo i soli dieci voti dati alla Camera alla richiesta di impeachment di Trump in gennaio, sono sempre stati unanimi nell'opposizione alle riforme che la maggioranza di Biden è riuscita a far passare di misura. Si tratta però più di paralisi che di reale consenso: con la lotta fra Trump e i leader del partito sempre in corso, e destinata forse a sfociare in una nuova pace armata come quella vista nel 2016/2020, nessuno ha interesse a schierarsi troppo apertamente, e a tutti serve mantenere intatte le credenziali di pura fede repubblicana di fronte all'elettorato. Anche perché il maggior detentore di risorse finanziarie e comunicative resta Trump, che ha già dimostrato di elargire le une e le altre solo a chi possa vantare un curriculum di totale fedeltà.
Questa modalità di fare opposizione cela inoltre il perdurare dell'assenza di un progetto politico complessivo nel fronte repubblicano: nei giorni del quarantesimo anniversario della "reaganomics" il partito assiste allo smantellamento del liberismo post reaganiano, senza contrapporre nulla di organico. Riflettendo in questo la posizione speculativa e ambigua dei principali sostenitori tradizionali del partito, che siedono nei primi posti della lista dei contribuenti più ricchi, che sembrano orientati a pensare che possa essere più conveniente per i loro interessi "essere ricchissimi con il partito al 45% dei consensi popolari , che non un pò meno ricchi con il partito al 55%" (Daniel Luban). Diversa la posizione dei parlamentari repubblicani, che hanno tutti votato contro l'ampio disegno di legge di aiuti contro la pandemia che il presidente Joe Biden ha firmato tre mesi fa, ma che hanno cambiato registro con l'inizio delle campagna primaverili per le primarie. I repubblicani da New York all'Indiana e dal Texas allo stato di Washington, hanno promosso presso l'elettorato come propri meriti gli elementi della manovra presidenziale che hanno cercato di contrastare, ma che portano nei loro distretti elettorali effettivo sollievo, e quindi consenso.
Il cesarismo di Trump, che è il vero oggetto delle critiche dei moderati alla Cheney, la lotta interna tutti contro tutti che potrebbe indebolire l'insieme del partito, e la mancanza di una vera politica economica alternativa al programma miliardario e ben organizzato messo in piedi da Biden, stanno rendendo difficile il percorso verso la definizione di una chiara identità del GOP verso le prossime scadenze elettorali.