Inaugurazioni Presidenziali: W. Harrison, un discorso letale (3)
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Inaugurazioni Presidenziali: W. Harrison, un discorso letale (3)

William Harrison, nono presidente americano, fu protagonista involontario e sfortunato dell'inaugurazione conclusa nel più drammatico dei modi: la morte del Presidente eletto. L'avvenimento si situa nel 1841, ma non ha nulla che rimandi al mito della frontiera e della corsa all'ovest che dominano la visioni dell'epoca.

Dopo gli anni tumultuosi della presidenza Jackson, nel 1836 era stato eletto Martin Van Buren, il vero creatore della macchina organizzativa del Partito Democratico, in particolare a New York, la cui freddezza sulla questione della schiavitù fu decisiva nell'assicurargli i voti degli stati del sud. Suo avversario era stato William H. Harrison, virginiano, nato nel 1773 da Benjamin, uno dei "fondatori" firmatari della Costituzione. Il giovane Harrison fece una carriera militare all'epoca delle prime guerre indiane (1795/1798) per poi entrare in politica, dapprima come segretario e poi come rappresentante al congresso del territorio del Nord Ovest, l'ampia regione che avrebbe dato luogo a sei stati dell'Unione. Malgrado la giovane età venne quindi nominato (1800) governatore del Territorio dell'Indiana, carica che avrebbe mantenuto per dodici anni, e interpretato in modo avventuroso, guidando le truppe dello stato contro gli indiani Shawnee (1811) e il vecchio nemico inglese che li sosteneva dal vicino Canada (1813). Queste imprese gli valsero fama nazionale, e furono la base per una nuova carriera in politica: eletto alla Camera dei rappresentanti per il  Ohio nel 1822,  e quindi nel 1824 al Senato degli Stati Uniti. Nella società politica di Washington il Generale, pur abituato alle rudezze delle campagne militari, divenne ben presto un politico pomposo e incline alla retorica. Sempre disponibile ad occupare incarichi pubblici, inclusa una sfortunata ambasciata nella Colombia di Simon Bolivar, Harrison riuscì a ottenere nel 1836 la nomitation presidenziale del partito Whig, che diviso in tre tronconi,  era destinato alla sconfitta contro il democratico Van Buren.

Quattro anni dopo si rinnovò il duello fra il presidente uscente Van Buren e il Generale Harrison, con gli USA nel pieno di una delle ricorrenti crisi economiche, che facilitarono il sostegno ad Harrison dei settori dell'industria e del commercio. La campagna del 1840 fu in qualche modo una ripetizione, a parti politiche invertite, di quella del 1824, quanto a partecipazione di massa (votò il 84% degli aventi diritto), e quanto a passioni scatenate. Harrison puntò sull'immagine rude del soldato con una campagna basata sull'immagine bucolica del "hard cider and log cabin", nata per contrare le caricature del generale fatte dal partito democratico: "dategli un barile di sidro e una pensione decente e resterà per sempre in una capanna di legno". Il partito Whig cavalcò la caricatura, aprendo "Log Cabin club" e organizzando ovunque "Log cabin parties", assicurando nuova popolarità al candidato Harrison. Il suo programma era in realtà ben poco popolare, e rappresentava un vero ritorno al passato, dall'innalzamento delle tariffe doganali al ripristino della banca nazionale cancellata da Jackson. Il risultato fu un successo netto di Harrison a livello di collegio elettorale, con 234 delegati contro 60, ma con un vantaggio di soli 147.000 voti sui quasi 2,5 milioni espressi.

La tragedia personale che già aveva fatto capolino nella vita di Harrison, con la morte di sei dei suoi dieci figli tra il 1817 e il 1840, stava per segnare definitivamente il nono Presidente degli Stati Uniti. Il 4 Marzo 1841, giorno dell'inaugurazione del mandato di Harrison, a Washington nevicava e faceva un freddo intenso. Il discorso inaugurale del Presidente eletto fu interminabile anche per le abitudini dell'epoca, durando quasi due ore. Nella sua vita di soldato Harrison si era abituato al maltempo, e tenne il il discorso senza indossare né cappotto né cappello. Il Generale aveva ormai 67 anni, ma non rinunciò a presenziare ai ricevimenti previsti per festeggiarne l'elezione, senza cambiare i vestiti bagnati, mettendo le basi per un raffreddore. In pochi giorni il raffreddore si trasformò in polmonite. Al capezzale del malato si alternarono i migliori medici, per quanto le pratiche mediche dell'epoca fossero rudimentali: ventose riscaldate per attirare la malattia e quelle sanguisughe per pulire il sangue che già avevano ucciso George Washington. Queste cure ebbero l'effetto di indebolire ulteriormente Harrison, che tre settimane dopo era in fin di vita. Come ultima risorsa, furono chiamati i suoi vecchi nemici indiani, che provarono rimedi alternativi, incluso l'uso di serpenti vivi. Esattamente un mese dopo aver prestato giuramento, Harrison morì.

Paradossalmente la presidenza di W. Harrison si riassume tutta nel discorso inaugurale, in quello che fu, nelle vesti di Presidente degli Stati Uniti, il suo unico atto. Che lo uccise.

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