La minaccia nucleare in tempo di Pasqua
Il prolungarsi della resistenza del governo e del popolo ucraino contro l’invasione russa iniziata il 24 febbraio scorso, rischia di trasformare il conflitto cui abbiamo assistito con crescente partecipazione e sofferenza, da convenzionale e locale, in nucleare e mondiale.
Dall’agosto 1945 viviamo nell’era della deterrenza nucleare, le cui articolazioni hanno dominato il pensiero strategico e l’azione delle nazioni appartenenti al club atomico: Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia, coinvolte nel Trattato di non proliferazione, oltre a Corea del Nord, India e Pakistan, estranee al trattato, e Israele che non ha mai confermato formalmente il possesso dell’arma atomica. L’equilibrio del terrore si basa sull’idea che le minacce di rappresaglia possono impedire anche solo di concepire un attacco nucleare, che avrebbe come unico risultato la certezza della distruzione reciproca ( Mutual Assured Distruction). L'asticella psicologica del rischio é così alta che per il principio di precauzione gli attacchi nucleari non sono nemmeno immaginabili.
Secondo le stime prevalenti la Russia dispone di 5.000/6.000 testate nucleari di diversa grandezza (almeno un terzo delle quali consegnate dall’Ucraina in cambio della salvaguardia dei suoi confini con il Memorandum di Budapest del 1995), contro 4.000/5.000 degli Stati Uniti. Numeri che fanno correre un brivido lungo la schiena, anche per la complessità del controllo di un tale arsenale, che nel gioco folle della deterrenza viene periodicamente messo in allarme per esercitazioni o in chiave di pressione sui potenziali avversari. Le testate sono classificate a seconda del loro sistema di impiego e piattaforma di lancio: missili terrestri, marittimi o aerei e missili a corto, intermedio e lungo raggio. Stati Uniti e Russia, in un’ottica di deterrenza reciproca, scambiano in permanenza informazioni sui loro arsenali strategici a lungo raggio nell'ambito dell'accordo New START, tuttora in vigore.
La sola idea del potere distruttivo di un'arma nucleare genera il terrore e ne consegue che nessuna nazione del club atomico può attaccarne un altro per paura di una ritorsione nucleare. La deterrenza nucleare però non impedisce altre forme di guerra, rendendo l’opzione nucleare un incubo permanente, costosissimo e di scarsa utilità pratica, come dimostrato dai conflitti locali dal Vietnam, a Iraq e Afghanistan, sino al presente dell’invasione dell’Ucraina.
Dai tempi della Guerra Fredda, Russia e Stati Uniti hanno tacitamente, e per qualche periodo apertamente, convenuto (Trattato di non proliferazione nucleare) che la deterrenza nucleare poteva essere il mezzo per garantire che i confini dell'Europa non vengano violati. La crisi ucraina, e la pretesa di V. Putin di riscrivere la storia della caduta dell’Unione Sovietica, stanno mettendo in discussione questo sistema basato sulla deterrenza, e aprono interrogativi antichi sulla sicurezza degli stati dell’ex sfera di influenza sovietica, ma anche dell’area scandinava.
Un fattore che indebolisce la deterrenza è l’evoluzione tecnologica delle armi nucleari: oggi Russia e Stati Uniti dispongono di armi nucleari con un potenziale distruttivo che è solo una frazione della forza della bomba di Hiroshima, ciò che finisce per rendere il loro uso meno spaventoso e più plausibile, almeno in un’ottica bellica esasperata. La minor dimensione delle testate nucleari, e delle loro conseguenze distruttive, finisce per banalizzarne l’uso, e costituisce una nuova minaccia al superamento dell'equilibrio globale del terrore nucleare.
Da parte russa elemento centrale del nuovo arsenale nucleare è il sistema missilistico Iskander-M, schierato per la prima volta nel 2005, e la cui presenza è stata segnalata in queste settimane dai droni sul fronte ucraino. Si tratta di un lanciatore mobile che può sparare due missili dalla gittata di circa 500 chilometri, che possono trasportare testate convenzionali e nucleari. Queste ultime hanno la potenza di circa un terzo dell’esplosione di Enola Gay su Hiroshima. Prima che l'esercito russo invadesse l'Ucraina, le immagini satellitari avevano confermato che Mosca aveva schierato batterie missilistiche Iskander in Bielorussia e in territorio russo lungo il confine ucraino.
Gli studiosi descrivono freddamente i numerosi possibili scenari, facendo una contabilità gelida delle testate nucleari e del loro conseguente possibile potenziale di morte e distruzione. Le ipotesi più ricorrenti in queste analisi sono:
- rischio di un involontario errore che veda le forze armate russe colpire il territorio o solo un velivolo appartenente ad un paese membro NATO, ponendo le condizioni per l’applicazione del principio di solidarietà fra i soci del Trattato (Art. 5); si tratterebbe della ripetizione dell’abbattimento del volo Malaysia Airlines il 17 luglio 2014 da parte un missile terra-aria Buk, mentre sorvolava la zona orientale dell'Ucraina. Tutti i 283 passeggeri e i 15 membri dell'equipaggio rimasero uccisi nell'incidente, causato dalle forze separatiste filorusse, secondo l’inchiesta ufficiale condotta dal governo olandese. Il missile russo era stato probabilmente lanciato contro un aereo militare ucraino, ma venne invece indirizzato da sistemi di puntamento poco affidabili contro l’aereo civile;
- frustrato dalla difficoltà di vincere sul campo entro la data sussurrata del 9 maggio, anniversario della vittoria del 1945, il Presidente Putin potrebbe ordinare un attacco nucleare dimostrativo lanciando una testata nucleare “minore” su una zona non abitata dell’Ucraina; la dimostrazione della concretezza della minaccia dovrebbe, secondo questa ipotesi, convincere alla resa il governo ucraino, e inibire ogni ulteriore sostegno in termini di fornitura di armamenti convenzionali da parte dell’Occidente;
- una analoga strada potrebbe essere percorsa anche da parte americana/NATO, con un attacco nucleare lanciato contro un obbiettivo militare in territorio russo, non suscettibile di colpire la popolazione civile; numerose sono le basi russe nell’est che potrebbero rientrare in questa categoria di obbiettivi (come da uno studio di U. Khun per la Carnegie Foundation del 2018);
- più improbabile, ma egualmente conteggiata dagli studiosi, la possibilità che l’attacco venga lanciato direttamente contro Kiev, per un immediato tornaconto militare, o contro le basi NATO nei paesi europei allineati alle sanzioni;
- non manca chi per contro sostiene che non ci sia alcuna possibilità che le armi nucleari vengano utilizzate in Ucraina, perché gli Stati Uniti e la NATO hanno detto, e mantenuto, l’impegno a non inviare truppe in Ucraina. Per questi studiosi, senza la minaccia di un intervento militare terzo, V. Putin avrebbe poche ragioni per usare le armi nucleari, potendosi comunque affidare al significativo vantaggio numerico rispetto all'esercito ucraino. Inoltre non è certo che l’interessato sostegno cinese resterebbe inalterato se la Russia superasse la soglia tabù della guerra nucleare.
A parte la disarmante freddezza di questa disanima che include una orrenda contabilità di possibili morti, quello che ci preoccupa maggiormente sono le dichiarazioni del presidente Putin, già proferite nel discorso del alla 43° Conferenza di Monaco sulla Politica della Sicurezza il 10 Febbraio 2007, ribadite nell’incontro con l’allora premier italiano G. Conte (24 ottobre 2018) e ripetute quest’anno all’inizio dell’invasione: “chiunque ostacoli l’operazione militare speciale della Russia in Ucraina patirebbe conseguenze mai viste nella storia”. La dottrina Putin sull’uso dell’arma nucleare minaccia direttamente ognuno di noi, come si può verificare scorrendo l’elenco dei possibili obbiettivi di un attacco russo alle forze NATO in Italia:
- Aviano (Pordenone), sede di un aeroporto utilizzato congiuntamente dall’aviazione americana (Usaf) e dalla nostra aviazione militare, anche per il movimento di bombardieri strategici dotati di testate nucleari;
- Gaeta (Latina) il cui porto è base stabile della Sesta flotta americana;
- Ghedi (Brescia), sede di un aeroporto con operatività simile a quello di Aviano;
- La Spezia, sede del Centre for maritime research and experimentation, della NATO che si occupa di ricerche in campo scientifico e tecnologico;
- Motta di Livenza (Treviso), sede del Multinational Civil Military Co-operation Group, reparto multinazionale interforze a guida italiana che ha la funzione di coordinare e agevolare la cooperazione tra la componente militare e le organizzazioni civili dove si svolgono le operazioni;
- Napoli, sede di uno dei due comandi operativi della NATO (Allied joint force command), del comando del Security force dei Marines americani, della base dei sommergibili statunitensi e del Comando delle forze aeree statunitensi per il Mediterraneo;
- Poggio Renatico (Ferrara), sede del Deployable air command and control centre della NATO all’interno della base aerea dell’aeronautica militare italiana;
- Sigonella (Siracusa), sede del comando “Alliance ground surveillance”, che coordina il rilevamento costante dei dati forniti da un sistema coordinato di velivoli, navi, radar e droni sul controllo delle frontiere e la sicurezza aerea e marittima;
- Solbiate Olona (Varese), sede del Corpo d’armata italiano di reazione rapida della NATO, già impiegato in Afghanistan;
- Taranto, sede del comando delle forze navali e anfibie italiane incorporate nella NATO;
- Vicenza, sede nella Caserma Ederle del più antico acquartieramento dell’esercito americano in Italia, e nel vicino Camp Del Din della 173° Brigata USA aero trasportata ad impiego rapido (Combat Team);
In ordine alfabetico e non di importanza, questo elenco, peraltro incompleto perché sono oltre 100 le installazioni riferibili alla NATO nella nostra penisola, disegna una mappa inquietante, perché tutte le installazioni militari sono inserite in contesti a forte urbanizzazione e rendono milioni di italiani un obbiettivo militare, esattamente come i civili in Ucraina.
Di fronte a questa situazione non ha senso il solito dividersi italiota in schieramenti contrapposti “pro e contro”, tipico dei meccanismi contemporanei dell’informazione spettacolo. La guerra, qualsiasi guerra convenzionale, impone di ripensare tutte le certezze di cui ognuno ha nutrito la propria vita, rimettendole in discussione. Una guerra nucleare, che comporta la possibilità di una catastrofe planetaria, porta questo ripensamento oltre i limiti validi fino a ieri della razionalità.
Possiamo forse rifarci all’arma più potente che l’Occidente ebbe nella storica competizione con la Russia sovietica: la voce di Giovanni Paolo II. Anche per i non credenti la forza politica e spirituale di Karol Woytila, capo della Chiesa cattolica “venuto da lontano”, può essere fonte di conforto e speranza: “In questo mattino di Pasqua, come vorremmo che ogni uomo e ogni donna accogliessero la luce di Cristo che dirada le tenebre ed inaugura il trionfo della vita sulla morte! Fratelli e sorelle di tutta la terra, benedite con noi questo giorno che ha fatto il Signore”.
PER APPROFONDIRE
https://www.nytimes.com/2022/03/21/science/russia-nuclear-ukraine.html
https://www.reuters.com/article/us-usa-nuclear-putin
http://en.kremlin.ru/events/president/transcripts/24034
https://carnegieendowment.org/files/Kuhn_Baltics_INT_final_WEB.pdf
https://www.vox.com/22951004/nuclear-weapons-russia-ukraine-war-putin
https://www.chathamhouse.org/2022/03/how-likely-use-nuclear-weapons-russia