La politica USA fra paranoia e censura digitale
Voci dall'Europa

La politica USA fra paranoia e censura digitale

La doppia crisi dei sistemi democratici occidentali, attaccati dal populismo e fiaccati dalla pandemia, e della gestione dell'informazione digitale da parte dei detentori delle piattaforme, ormai più potenti di qualsiasi governo nazionale, si intreccia con le peculiarità della situazione americana dopo le elezioni Presidenziali del 2020.

Il rovesciamento delle posizioni fra i due partiti e fra i blocchi sociali che rappresentano, caratterizza questa incerta fase della politica americana secondo l'analisi di Thomas Frank su Le Monde Diplomatique, "Paranoia Americana, l'eredità dell'era Trump". I risultati delle elezioni del 3 novembre, pur attribuendo la vittoria a Biden, hanno confermato il sostanziale rovesciamento delle basi elettorali dei due grandi partiti: i democratici incarnano la moderazione e la continuità cari alla classe media e alle persone con buona istruzione, mentre le posizioni anti sistema di Trump attirano settori dell'elettorato e della società che per decenni avevano supportato i liberal. Così la cartina a colori del voto evidenzia una grande macchia rossa repubblicana al centro degli USA, dove stanno gli stati meno popolati e meno produttivi. Mentre il blu democratico si concentra nelle fasce costiere e nelle aree urbane, dove si concentrano popolazione e ricchezza.

A questo rovesciamento se ne accompagnano altri due, relativamente a informazione e disinformazione. Il settore dell'informazione è stato additato da Trump al disprezzo delle sue truppe, non solo perché ritenuto orientato a sinistra (negli ultimi mesi anche la stampa di destra è finita nel mirino), ma perché ancorato a criteri di valutazione fondati sulla democrazia e il rispetto dell'avversario, che il populismo trumpiano deve sconfiggere per poter prevalere. In questa battaglia priva di remore quanto a mezzi scorretti, Trump ha finito per attaccare anche una seconda comunità che vive di informazione, quella dell'intelligence, colpevole ai suoi occhi di non averlo abbastanza difeso e protetto, rifiutando di falsificare prove e inventare complotti. Così la comunità dell'intelligence, con la CIA in testa, ha fatto da baluardo contro Trump, impedendo che i consigli dei consiglieri più estremisti del presidente venissero messi in pratica. E abbiamo assistito al secondo rovesciamento, quello della sinistra liberal che difende la CIA e si ritrova a presidiare le istituzioni democratiche insieme al tradizionale nemico di Langley.

Infine la disinformazione, questa piaga del nostro tempo, in cui la velocità e la superficialità della comunicazione favoriscono la distorsione della verità facilitando la vita agli inquinatori di pozzi. Non c'è più bisogno di controllare i media per orientare l'opinione pubblica, operazione costosa e quanto mai complessa nelle democrazie avanzate, riuscita negli ultimi trent'anni forse solo al nostro Berlusconi. E' sufficiente saper alimentare i social network, come hanno dimostrato le operazioni ciniche e disinvolte di Steve Bannon nel 2016, e tutto lo sfruttamento di Twitter e Facebook da parte di Trump. Dopo l'attacco terroristico del 6 gennaio al Congresso, e il conseguente bando di Trump dai social, la situazione si è rovesciata: ormai in silente esilio in Florida, Trump può atteggiarsi a perseguitato, mentre il NYT ha pubblicato con il titolo The Complete List of Trump’s Twitter Insults (2015-2021) un esauriente documento sulle migliaia di insulti e minacce lanciate dall'account del Presidente. Così per chi si accontenta dell'immagine intuitiva delle cose, si sono rovesciate le posizioni e il vecchio imbonitore abituato a vendere immobili al prezzo del loro valore reale, si è trasformato per la maggioranza degli elettori repubblicani in un diffamato agnellino.

Come ha scritto sul sito di Chatham House, Harriet Moynihan,  "la velocità e l'ampiezza dell' informazione digitale ha messo i governi di tutto il mondo alla prova su come affrontare i danni online come l'incitamento all'odio, i contenuti estremisti e la disinformazione, come sono emersi sui social media negli ultimi 15 anni ".

La conseguenza drammaticamente mostrata dai disordini del 6 gennaio a Washington, è una crisi senza precedenti del concetto stesso di autorità delle istituzioni, delegittimate dall'attacco frontale da parte di un politico privo di scrupoli come Trump, per la gioia dei nemici dell'America come Russia e Cina.

Più duro contro big tech e la destra conservatrice Serge Halimi, che dapprima ha schmittianamente messo in guardia contro la ricerca di un nemico da parte della superpotenza orfana di un avversario. Poi sotto il titolo eloquente "Tacete", mette sotto accusa le grandi corporation che "incoraggiate dall'incredibile debolezza dei governi e degli individui che hanno permesso la loro crescita, hanno concluso che tutto era loro permesso. Che oggi possano zittire il P​residente degli Stati Uniti dà la misura sbalorditiva del potere che le piattaforme detengono. Tuttavia, quando la destra americana si indigna, si è quasi tentati di rispondere: non siete stati voi con i vostri pensatori di Chicago che avete accreditato l'idea che il governo non debba in alcun modo ingerirsi nel libero mercato o preoccuparsi per la ricchezza dei loro proprietari" ?
Per Halimi, il silenzio con cui vengono accolte le progressive limitazioni della libertà nel mondo occidentale sembra dire che "giorno dopo giorno, lungi dall'estendere il perimetro delle libertà, l'esplosione della comunicazione sta creando delle società basate sulla repressione, in cui siamo solo liberi di spostarci tra i nostri diversi luoghi di reclusione".

Una posizione coerente con le premesse valoriali se non ideologiche di Halimi, ma che in particolare in tempi di pandemia, va presa entro i limiti del buon senso e della ragionevolezza. Le cessioni di sovranità allo stato in momenti di emergenza sono una necessità ineludibile, che solo a causa della crisi della democrazia rappresentativa possono essere contestate anche da persone serie come Halimi. Anche in questo ci soccorre una voce che si è appena spenta, con l'accorato appello di Michele Fusco: "non abbiamo mai creduto alla favoletta per cui in questa vicenda maledetta è lo Stato il nostro interlocutore, il nostro avversario....un possibile “deficit di democrazia” non è escluso. In questi casi, è giusto porsi una domanda: le possibili slabbrature al tessuto democratico che dovessero avvenire in questo periodo, potrebbero ricomporsi successivamente o dobbiamo pensare di non recuperare più quel terreno perduto? Ci sono buoni motivi per credere che il rammendo sarà faticoso, perché il ricordo e la memoria dureranno in eterno, ma che il nostro abito istituzionale tornerà quello di prima. A meno di non attribuire a parti dello stato un disegno eversivo che, in tutta franchezza, non vediamo all’orizzonte".

https://www.monde-diplomatique.fr/2021/02/FRANK/62768

https://www.nytimes.com/interactive/2021/01/19/upshot/trump-complete-insult-list.html?action=click&module=Well&pgtype=Homepage&section=The Upshot)

(https://www.chathamhouse.org/2021/01/deplatforming-trump-puts-big-tech-under-fresh-scrutiny?utm_source=Chatham House&utm_medium=email&utm_campaign=12132721_CH - CH Newsletter - 29.01.2021&utm_content=Trump-CTA&dm_i=1S3M,781O1,49MKJ8,T9T4I,1)

https://www.monde-diplomatique.fr/2021/01/HALIMI/62672

https://www.monde-diplomatique.fr/2021/02/HALIMI/62796

https://www.glistatigenerali.com/salute-e-benessere/covid-obiettivo-portare-a-casa-la-ghirba-non-fateci-perdere-tempo-con-le-vostre-stro/

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