Le controverse aree della nuova regolamentazione di big tech

La regolamentazione del settore digitale che sulle due sponde dell'Atlantico viene reclamata da più parti, è un processo complesso di  cambiamento della nostra società, che sta passando per procedimenti legislativi nazionali e sovranazionali, con l'intervento dei più diversi gruppi di pressione ed il ricorso a svariate ideologie e criteri. L'area della regolamentazione è molto vasta, e può essere suddivisa tre distinti settori: l'attività delle piattaforme, la sicurezza delle comunicazioni, il controllo delle informazioni che vengono pubblicate.

Sul primo capitolo, l'attività delle piattaforme, nelle scorse settimane è stata al centro del dibattito Facebook, per la fuga di notizie su comportamenti e procedure interne alla società, originata da una ex dipendente, Frances Haugen. Centinaia di documenti interni di Facebook copiati da Haugen, una specialista di algoritmi, sono stati forniti al congresso americano, alla commissione europea e a un gruppo di testate indipendenti fra cui Le Monde, e la Süddeutsche Zeitung. I documenti forniti da Haugen hanno fatto suonare tre allarmi: per gli effetti distorsivi dei comportamenti illeciti della piattaforma, che non è in grado, e in alcuni casi non vuole, intervenire per farli cessare; per l'incapacità da parte delle piattaforme di controllare interamente gli algoritmi che sovrintendono alla loro attività, che sono diventati così complessi da sfuggire al controllo dei loro stessi autori; per la diversificazione geografica delle politiche di controllo dell'attività, che Facebook in questo periodo, sta concentrando in Occidente, a scapito del resto del mondo, pur avendo una copertura ed una ricaduta universale.

In particolare i documenti mostrano gravi carenze nei sistemi di moderazione dell'incitamento all'odio, che anzi viene addirittura incrementato dagli effetti collaterali creati dagli algoritmi, che finiscono per promuovere, invece di controllare, le comunicazioni divisive e violente. Questa constatazione di fatto dovrebbe, secondo Hagen, guidare la futura revisione della regolamentazione, cui a parole Facebook si è ripetutamente detta pronta.

Haugen ha sottolineato l'importanza di garantire che le aziende come Facebook rendano pubblici maggiori dati sulla loro attività e sul modo in cui i dati stessi vengono raccolti (in materia ad esempio di classificazione dei contenuti, pubblicità, parametri di punteggio) per consentire agli utenti di prendere decisioni trasparenti e ai regolatori di agire per limitare e sanzionare i "modelli oscuri" online. Per questo la futura regolamentazione del settore dovrebbe stabilire in che misura e con quali misure di controllo le piattaforme digitali dovrebbero essere ritenute responsabili del rispetto delle prescrizioni normative in questa materia.

Se Facebook ha dato segnali di volersi muovere rapidamente, anche con l'iniziativa del mutamento di ragione sociale e le voci di riorganizzazione dei rapporti interni fra le proprie piattaforme, non è chiaro come si muoveranno le altre maggiori società big tech. E soprattutto non è chiaro se muoveranno nel senso di una graduale accettazione condivisa della nuova regolamentazione o se invece i progetti e le innovazioni siano espedienti per sfuggirla.

Nel secondo ambito, la sicurezza delle comunicazioni, giovedì 11 novembre il presidente Biden ha firmato, con il sostegno bipartisan del Congresso (420/4 alla Camera e voto per acclamazione al Senato), una legge destinata a proteggere i sistemi di telecomunicazioni da potenziali minacce straniere, in particolare da quelle legate alla Cina. La nuova norma (Secure Equipment Act) vieterà alla Federal Communications Commission (FCC) di rilasciare l'autorizzazione per la distribuzione dei prodotti di società inserite in un "elenco coperto" della stessa FCC, che ad oggi include i gruppi di telecomunicazioni cinesi Huawei e ZTE, oltre a Dahua, Hytera e Hikvision. La FCC ha classificato formalmente queste aziende come minacce alla sicurezza nazionale, per i loro legami con il Partito Comunista Cinese e il sospetto che favoriscano attività di spionaggio. La definizione di "minaccia alla sicurezza nazionale" impedisce anche alle società statunitensi di utilizzare i fondi FCC per acquistare prodotti da queste società, ed è la premessa per azioni diplomatiche per chiedere agli alleati degli USA comportamenti analoghi, come si è visto in occasione delle gare per le licenze europee del 5G.
Sempre in questo campo, e sempre giovedì 11, la vicepresidente K. Harris ha invitato i leader globali a lavorare insieme per contrastare le minacce alla sicurezza informatica e preservare l'ambiente aperto di Internet, dopo un anno che ha visto il ripetersi di gravi attacchi informatici. Nella stessa occasione Harris ha formalizzato l'adesione degli Stati Uniti al Paris Call for Trust and Security in Cyberspace. L'iniziativa, promossa dal presidente francese Emmanuel Macron nel 2018, è sostenuta da oltre 80 paesi, decine di autorità pubbliche e governi locali e oltre 700 gruppi del settore privato, con l'obiettivo di rafforzare la cooperazione globale per affrontare le minacce informatiche. "Sta a noi, a tutti noi, rafforzare le nostre nazioni e proteggere i nostri cittadini", ha detto Harris. “Sta a noi, a tutti noi, realizzare le opportunità della tecnologia e ridurre al minimo le minacce. In un mondo più interconnesso e interdipendente, andiamo avanti insieme”.

Per quanto riguarda la terza area, il controllo delle informazioni pubblicate, la battaglia si è concentrata nelle ultime settimane sull'uso della piattaforma Facebook, e sul controllo delle informazioni che compaiono su di essa.

Un ampio arco di studiosi e politici ha richiesto uno sforzo regolamentare e giuridico innovativo per identificare un nuovo criterio di responsabilità delle piattaforme per i contenuti veicolati dai social network, smettendo di considerarli dei puri mezzi della comunicazione dei propri utenti. La duplice apparizione di Haugen di fronte a parlamentari americani e responsabili europei, illustra chiaramente la necessità che tale nuovo criterio sia definito in modo univoco all'interno dei sistemi delle democrazie occidentali, almeno quelle che hanno un certo grado di omogeneità. Si tratta di fissare una serie di modalità tecniche di controllo che diano un senso concreto a prescrizioni come quella del DSA europeo che utilizza criteri spesso generici e facilmente eludibili, come ad esempio laddove prescrive misure di controllo “ragionevoli, proporzionate ed efficaci”. Inoltre la regolamentazione per ottenere risultati continuativi nel tempo deve essere caratterizzata da una estrema trasparenza, con la comunicazione regolare e dettagliata delle misure di controllo eseguite e delle misure conseguenti, quali ad esempio le statistiche complete sul numero e la natura dei contenuti rimossi.

Non sarà facile trovare un compromesso politico sull'aumento delle modalità di protezioni degli utenti, in parte già promosse con scarsi effetti pratici, in Europa dalla direttiva sul commercio elettronico del 2000, e negli USA dalla sezione 230 del Communications Decency Act del 1996. Ma queste iniziative si sono arenate negli Stati Uniti a causa dell'impossibilità di dialogo tra democratici e repubblicani: da un lato Facebook è stata accusata dai democratici di essere troppo lassista sull'incitamento all'odio, mentre il campo avverso si è sollevato contro quella che ha definito una forma di "censura" privata contro le voci conservatrici. In Europa la ridefinizione della responsabilità delle imprese che gestiscono social network per i contenuti delle comunicazioni pubblicate, si è si è scontrata con il timore diffuso che eccessivi controlli, coinvolgendo inevitabilmente anche utenti e contenuti legali, finiscano con il limitare la libertà di espressione. In questo senso si è espresso il Consiglio costituzionale francese quando nel giugno 2020, ha giudicato incostituzionale la legge proposta dalla parlamentare francese di maggioranza Laetitia Avia che prevedeva l'obbligo per le piattaforme di rimuovere entro ventiquattro ore contenuti  che fossero definiti palesemente illeciti.

Per quanto riguarda le specificità del quadrante americano, va ricordato quanto accaduto durante le elezioni del 2020, quando sia la campagna di Biden che quella di Trump hanno pubblicato annunci su Facebook destinati agli elettori neri, per orientarli in occasione delle proteste per il razzismo di parte delle forze di polizia (Balck lives matter). Uno dei casi più significativi ha riguardato i cittadini di Kenosha, Wisconsin, che è diventato il simbolo del problema, per il modo in cui Facebook aveva orientato con i suoi algoritmi la diffusione di informazioni divisive ad utenti ignari, dimostrando come i social network privi di controlli efficaci in periodi di forti contrasti politici, possono fare seri danni al sistema politico e sociale.

Già la scorsa settimana Meta, la nuova denominazione assunta da Facebook e che include anche Instagram e Messenger, ha annunciato cambiamenti destinati a ridurre attività non controllate di targeting, ovvero di selezione degli utenti cui diffondere messaggi in funzione di criteri controllati dagli algoritmi. La società ha pianificato l'eliminazione della facoltà degli inserzionisti di selezionare fra gli utenti i destinatari dei messaggi di promozione politica in base alle loro interazioni con contenuti relativi a razza ed etnia o affiliazione politica. Tecnicamente questo tipo di indicizzazione è applicabile anche a migliaia di altri criteri.

Malgrado queste innovazioni, per i gestori di campagne politiche rimane intatta la possibilità di aggirare limitazioni e controlli, ad esempio selezionando gli utenti in un'area geografica definita per gli annunci di Facebook, ma con modalità leggermente diverse. Il targeting per località è ancora possibile, anche in base al codice postale, e i partiti possono utilizzare una funzione collegati al tasto "like" (Lookalike Audiences - Audience Suppression) , insieme a una serie di altre opzioni offerte dalla tecnologia. Di fatto i cambiamenti annunciati da Meta probabilmente costringeranno i partiti solo a cambiare metodo, lasciando intatta la possibilità di raggiungere elettori specifici. La geolocalizzazione e l'analisi dei dati testuali, infatti, possono sostituire il targeting geografico: ad esempio per raggiungere persone interessate alla cultura L.G.B.T.Q., impostando annunci intorno ad eventi come il Pride Week e intorno a determinati luoghi che fanno parte di quella cultura. E questo è solo uno dei tanti modi per aggirare la restrizione annunciata da Meta. Il fatto che i partiti possano ancora utilizzare funzioni di targeting sulle piattaforme di Meta, riflette la difficoltà che l'azienda deve affrontare nel controllare l'evoluzione delle sue applicazione collegate alla promozione politica. E' probabile che i partiti americani continueranno ad utilizzare questi strumenti, che si sono rivelati fondamentali per trovare nuovi elettori e contributori. In una dichiarazione congiunta, i dirigenti dei quattro settori operativi del Partito Democratico - il comitato nazionale e i comitati che sovrintendono alle elezioni per governatori, Camera e Senato - hanno sostenuto che le nuove limitazioni non hanno affrontato la più importante area critica: la disinformazione. Secondo i democratici le piattaforme eludono la loro responsabilità primaria di protezione degli utenti, perché non si impegnano nella ricerca di un algoritmo che tolga ogni incentivo alla disinformazione e all'odio sociale.

La preoccupazione dei dirigenti democratici è giustificata dal continuo superamento del livello di guardia in merito, come accaduto solo pochi giorni fa, quando l'approvazione del progetto di legge sulle infrastrutture con l'appoggio determinante di sei eletti repubblicani, ha scatenato sui social una tempesta di insulti e minacce, inaugurata dall'ex presidente Trump che ha ripetuto i suoi giudizi sboccati sul vertice del partito. In un post su Facebook il rappresentante Adam Kinzinger dell'Illinois è stato invitato a tagliarsi le vene dei polsi e marcire all'inferno, mentre al candidato al congresso Don Bacon del Nebraska, favorevole alla legge, è stato augurato di cadere da una scala.

La revisione delle regolamentazione delle piattaforme digitali appare in tutte queste aree un grande cantiere aperto, in cui però nessuno ha il potere, la capacità o la volontà di predisporre un progetto complessivo coerente su cui lavorare, anche per la continua e rapidissima evoluzione tecnica.

https://www.europarl.europa.eu/news/en/press-room/20211107IPR16801/frances-haugen-to-meps-eu-digital-rules-can-be-a-game-changer-for-the-world
https://www.lemonde.fr/economie/article/2021/11/08/comment-reguler-facebook_6101329_3234.html
https://www.congress.gov/bill/117th-congress/house-bill/3919
https://www.buzzfeednews.com/article/ryanmac/facebook-failed-kenosha