Leggi & Tribunali 1: la riforma della Corte Suprema
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Leggi & Tribunali 1: la riforma della Corte Suprema

Lo scorso 9 Aprile il Presidente J. Biden ha firmato un ordine esecutivo per insediare una commissione di 36 giuristi incaricati di valutare la possibilità di riformare la Corte Suprema degli Stati Uniti. Tre gli incarichi dati alla commissione: a) stendere un resoconto aggiornato sul ruolo della Corte Suprema nel sistema costituzionale americano sull'efficacia del processo costituzionale di nomina dei giudici della corte stessa; b) analizzare i precedenti storici in merito alle proposte di riforma della corte; c) valutare nel merito la legittimità di specifiche proposte di riforma espresse nel dibattito politico e giuridico recente.

La Corte Suprema è prevista dall'articolo III della Costituzione "Il potere giudiziario degli Stati Uniti sarà investito in una Corte suprema e in quelle corti inferiori che il Congresso può di volta in volta ordinare e stabilire". Toccò poi al Congresso decidere sull'organizzazione della corte con il Judiciary Act del 1789. Riunitasi per la prima volta il 1 febbraio 1790, la corte era inizialmente composta da un giudice capo e cinque giudici associati, che inizialmente presiedevano a rotazione anche le sessioni dei 13 distretti federali. I membri della Corte Suprema sono nominati dal Presidente previa approvazione del Senato. Per garantire un potere giudiziario indipendente e per proteggere i giudici dalle pressioni di parte, la legge prevede che i giudici prestino servizio a vita, e che i loro stipendi non possano essere ridotti durante il periodo in cui sono in carica. Il numero dei giudici della Corte suprema è cambiato sei volte prima di stabilizzarsi all'attuale totale di nove nel 1869. Dalla formazione della Corte nel 1790, ci sono stati 17 Chief justices e 103 giudici associati.

Malgrado sia una delle istituzioni sistemiche, e l'immenso potere reale conseguito, o forse proprio a causa di queste due circostanze, la corte è da almeno due decenni bersaglio di attacchi politici concentrici da parte di tutte le forze politiche, spesso per ragioni diametralmente opposte. Come già notava A. de Toqueville "le sue attribuzioni sono quasi interamente politiche, benché il suo ordinamento sia interamente giudiziario", ma l'eccessiva politicizzazione delle funzioni della corte, la fanno sembrare un arbitro che indossa la casacca di una delle squadre. E quando questo comportamento si protrae nel tempo la Corte viene meno al suo ruolo ultimo, perdendo prestigio e autorità.

Trovandosi oggi di fronte a una corte ritagliata nel modo più conservatore possibile dal Partito Repubblicano, prima di mettere mano alla composizione del tribunale supremo, il Presidente Biden vuole chiedere consiglio sulla riforma della corte ad una commissione nelle intenzioni dichiarate del tutto indipendente. L'obbiettivo immediato è di riequilibrare un rapporto di forze alterato e inquinato dalla politica, e per i futuro evitare di ricadere nella situazione attuale. La Commissione deve presentare la propria relazione al Presidente al più tardi il 12 aprile 2022, ovvero entro 180 giorni dalla data della prima riunione pubblica , avvenuta lo scorso 14 ottobre, ma è largamente previsto che i lavori si concluderanno ben prima del termine ultimo. I 36 membri di nomina presidenziale sono giuristi e professionisti specializzati in diritto costituzionale, storia e scienze politiche. La commissione ha due copresidenti: Bob Bauer, professore presso la NYU School of Law, e Cristina Rodríguez, professore di diritto alla Yale Law School. Entrambi hanno collaborato con l'amministrazione Obama. Le critiche piovute sia da destra ( "chiaramente orientata a sinistra"  per il The Wall Street Journal - "solleva serie preoccupazioni circa il suo impatto sull'indipendenza della magistratura" T. Jipping, Heritage Foundation), che da sinistra ("il problema non è che ci siano troppi progressisti nella commissione, ma che i veri progressisti ne sono rimasti esclusi" E. Mystal, The Nation), garantiscono "a contrario" che la commissione dovrebbe poter agire con obbiettività e considerare un'ampia gamma di opinioni e di scelte.

Dai primi documenti recentemente resi pubblici dalla commissione, 200 pagine di riassunto delle discussioni intercorse, emergono, oltre agli argomenti generali esaminati preliminarmente, i due nodi principali:  il numero dei giudici chiamati a comporre la corte, e la durata del loro mandato. Non sorprende, visto che la spinta alla nomina della commissione è venuta dall'uso disinvolto da parte del Partito Repubblicano dei mezzi parlamentari (maggioranza  prima e filibustering della minoranza dopo) per imporre negli ultimi anni solo nomine di giudici conservatori. Si è andati dalla mancata audizione nel 2016 del candidato del presidente democratico uscente Obama, Merrick Garland, oggi ministro della giustizia, alla nomina lampo da parte di un altro presidente uscente, sostenuto dai Repubblicani, Trump, del giudice iper conservatore Amy Coney Barrett nel 2020.

Se è evidente quale sia il male - la tirannia delle regole democratiche per parafrasare Toqueville -  meno chiaro è il rimedio: l'aumento del numero dei giudici, idea già carezzata quasi un secolo fa da F. D. Roosevelt, sembra non riscuotere l'entusiasmo della commissione, che ha sottolineato come questa misura rischierebbe di intaccare la già scalfita legittimità della corte. Inoltre la modifica della regola inalterata da 160 anni, potrebbe poi essere usata ripetutamente per far crescere la corte, portandola alla paralisi, se i partiti non escono dallo stato di iper radicalizzazione in cui sono finiti.  Il vero problema è infatti l'uso disinvolto deipoteri di maggioranza e filibustering, già sperimentato nel recente passato.

Sull'ipotesi di limitare nel tempo il mandato dei giudici, la commissione è più positiva, con un apparente favore bipartisan, per diversi motivi: verrebbe meno la casualità dettata dalla longevità dei singoli giudici, si metterebbe un freno alle dimissioni strategiche per consentire ad una parte politica di garantirsi un periodo più lungo di influenza nella corte, si porterebbero alla corte giudici non necessariamente giovani, garantendo maggiore omogeneità al collegio. Oggi nessuna regola, ma la sola caducità della natura umana, impone il rinnovo della corte; come disse sarcasticamente il senatore George W. Norris : "il popolo può sostituire i membri del Congresso, ma solo dio può mutare la Corte Suprema". L'innovazione tenderebbe a dare a ogni giudice un orizzonte temporale di 18 anni, tutt'altro che insignificante, e considerando che ogni presidente potrebbe fare due nomine ogni due anni, si allenterebbe la pressione sulla sostituzione di ogni singolo giudice. Benché, secondo il documento pubblicato, la limitazione del mandato abbia ottenuto il sostegno persino dell'attuale Presidente della Corte John G. Roberts Jr. e dei giudici Breyer e Kagan, contro questa ipotesi si sono levate voci di altri autorevoli giuristi: "il termine di diciotto anni, non elimina nessuno dei difetti e aggraverebbe le debolezze della corte , che rischia di apparire più, non meno, politica agli occhi del pubblico.....mentre è un fatto che le maggioranze giudiziarie sono, come tutte le maggioranze, inevitabilmente cicliche e transitorie....".  Il rimedio, peraltro, non sembra nemmeno troppo gradito al presidente Biden, da sempre scettico sull'idea di estendere la durata del mandato dei giudici. Anche perché Biden è conscio della difficoltà di ottenere in senato 60 voti su questa riforma, visto che i repubblicani vorranno tenersi ben stretto il dominio quasi ventennale della corte che si sono assicurati fra il 2016 e il 2020.

Le reazioni politiche ai primi risultati del lavoro della commissione rappresentano ancora un fuoco incrociato, da sinistra e da destra: per B. Fallon, direttore esecutivo del centro progressista Demand Justice "è esattamente ciò che ti aspetteresti da una commissione composta principalmente da accademici, fra cui diversi conservatori irriducibili, che sono pienamente soddisfatti dello status quo". Al contrario i gruppi conservatori lamentano che la commissione sia troppo aggressiva: per K. Shackelford, presidente del First Liberty Institute "I progressisti di estrema sinistra stanno chiaramente cercando di espandere il loro potere politico con il pretesto di una riforma giudiziaria, distruggendo l'indipendenza della nostra magistratura e minacciando le libertà civili di tutti gli americani".

Più articolata l'opinione di J. Rubin del Washington Post, secondo cui  la questione della riforma della Corte Suprema va inquadrata nella più generale crisi dell'intero processo democratico: "I problemi della corte non si risolvono facilmente ma solo con una riforma strutturale. ......la disconnessione della corte dal popolo americano è inevitabile quando i giudici sono nominati da presidenti eletti da una minoranza dell'elettorato (tramite il collegio elettorale) e confermati da un Senato in cui gli stati con piccole popolazioni esercitano un potere sproporzionato".

Il richiamo della notista politica del quotidiano della capitale induce a ricordare che uno dei motivi della tenuta nel tempo della costituzione e del sistema politico americano è il suo essere basato sulla regola dei "checks and balance". I bilanciamenti e reciproci controlli fra poteri è necessario per il funzionamento delle istituzioni, ma la Corte Suprema non è l'unico istituto in crisi. Peraltro, nessun uomo politico americano ha mai affrontato una riforma costituzionale complessa, anche perché quando si tocca un sistema se non perfetto almeno completo, si corre un rischio altissimo di creare alterazioni dannose che vanno ben oltre le intenzioni iniziali (D. Acheson).

Un precedente importante e direttamente legato alla Corte Suprema, riguarda l'iniziativa legislativa di F. D. Roosevelt nota come "court paking plan": nel 1937 di fronte a una corte fatta di giudici nominati tutti da tre predecessori repubblicani, che picconava la costruzione del "new deal", Roosevelt ebbe la tentazione di presentare un emendamento costituzionale che modificasse proprio il numero dei giudici e la durata del loro mandato. Il Presidente mosse l'attacco alla corte più diretto e potente sia mai stato tentato negli Stati Uniti, spinto dalla convinzione che le misure da lui proposte fossero vitali per risollevare l'economia nazionale dalla depressione economica. Gli studi più recenti (D. B. Wolner - J. Glock) hanno mostrato come per molti versi Roosevelt si mosse con molta cautela, e nel contesto della tradizione giudiziale americana e non contro di essa. Nella sostanza il presidente riprese una norma voluta trent'anni prima per i giudici federali (e firmata proprio da uno dei giudici conservatori degli anni '40 J. C. MacReynolds, allora ministro della giustiazia) Roosevelt propose di aggiungere un nuovo giudice per ogni membro della corte ultra settantenne che non lasciasse l'incarico. Inoltre operando sulla normativa che prevedeva per i giudici della corte suprema uno speciale sistema pensionistico, Roosevelt predispose un mezzo per fare pressione sui singoli giudici, spingendoli a valutare la possibilità di dimettersi per non compromettere le loro finanze personali. Pur avendo vinto le elezioni del 1936 con il maggiore scarto sino ad allora mai realizzato da un presidente, aumentando di 5 milioni i suoi voti, Roosevelt non sostenne sino in fondo le norme proposte, che furono abbandonate dopo che la Corte all'inizio del 1937 iniziò a rivedere alcune posizioni, anche in modo eclatante come nel caso della costituzionalità del salario minimo femminile, cassato nello stato di New York nel 1936, e dichiarato costituzionale nel Distretto di Columbia nel 1937.

In realtà tanto Roosevelt che il presidente della Corte Hughes operarono per salvare il sistema dalle conseguenze di un eccesso di legalismo e di partigianeria. Roosevelt, forte del sostegno popolare, oltre a ritirare i suoi progetti, indusse a maggiore cautela i suoi sostenitori più radicali, mentre il chief justice Hughes votò ripetutamente con i giudici liberal, facendo venir meno il monolitismo del blocco conservatore entro la corte, seguito poi dal giudice conservatore O. Roberts. La moderazione e l'equilibrio tornarono ad essere alla base delle relazioni fra i due rami del governo, permettendo alle istituzioni di proseguire nella loro natura dinamica entro il dettato costituzionale.

Il precedente storico può essere confortante, ma al momento nella polarizzazione assoluta della politica americana, è difficile credere che siano possibili riforme che non favoriscano gli attuali schieramenti politici e i loro ideali preconcetti.
Le fazioni con la loro lotta per il potere stanno paralizzando la dinamica politica americana, come paventato da J. Madison: "per fazione intendo un certo numero di cittadini, sia la maggioranza sia la minoranza dell'insieme, che sono uniti e mossi da qualche comune impulso di passione, o di interesse, avverso ai diritti degli altri cittadini, o al interessi permanenti e aggregati della comunità". Il ragionamento è tutt'altro che lontano dalla realtà attuale, se si considera che Madison attribuiva la responsabilità della radicalizzazione delle fazioni alla "varia e ineguale distribuzione della proprietà", una situazione cui corrisponde per approssimazione l'attuale aumento delle diseguaglianze economiche e sociali. Il che fa ben comprendere la centralità della questione giudiziaria nell'insieme della crisi del sistema rappresentativo negli Stati Uniti, come altrove.

La commissione voluta da Biden, attaccando direttamente l'attuale modello di funzionamento della Corte, potrebbe avere la stessa funzione del "court paking plan" di Roosevelt, e la sessione della Corte Suprema iniziata nella prima settimana di ottobre 2021 ci dirà se le aperture sul merito da parte del Chief Justice Roberts sono la premessa per chiudere la stagione della Corte Suprema immobile e schierata, riportandola alla sua funzione di arbitro non politicizzato, e di notaio dell'evoluzione dei costumi americani.

https://www.whitehouse.gov/pcscotus/
https://www.whitehouse.gov/pcscotus/public-meetings/october-15-2021-pcscotus-meeting/
https://ballotpedia.org/Presidential_Commission_on_the_Supreme_Court_of_the_United_States_(2021)
https://www.politico.com/magazine/story/2019/02/24/the-lost-history-of-fdrs-court-packing-scandal-225201/
https://www.nytimes.com/2021/10/14/us/politics/supreme-court-expansion-term-limits.html
https://www.washingtonpost.com/opinions/2021/10/17/what-supreme-court-commission-does-does-not-do/
https://www.americanheritage.com/fdr-vs-supreme-court
https://billofrightsinstitute.org/primary-sources/federalist-no-10

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