Mercoledì 6 Gennaio occhi puntati sul Congresso USA
Voci dall'America

Mercoledì 6 Gennaio occhi puntati sul Congresso USA

L'ultimo atto delle elezioni presidenziali americane del 2020, ed insieme della disperata lotta del Presidente uscente Trump per cercare di ribaltare l'esito del voto popolare del 3 novembre, avrà luogo il prossimo 6 Gennaio a Washington.

Il procedimento di elezione del Presidente USA, così come regolato dall'articolo II e dal XII emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, si compone di tre parti fondamentali, preparate, inframmezzate e seguite da numerose e articolate formalità a livello locale e centrale:

  • il voto popolare, il 3 novembre;
  • il voto del collegio elettorale, dopo che entro il 9 dicembre i risultati del voto popolare sono stati certificati dai funzionari elettorali locali, i corrispondenti voti elettorali sono espressi dai delegati degli stati, il 14 dicembre ;
  • la verifica dei voti elettorali, il 6 gennaio, da parte del Congresso;

solo alla fine di questo percorso vengono proclamati eletti il Presidente e il Vicepresidente degli Stati Uniti.

Il 14 dicembre scorso i delegati si sono riuniti, da remoto, e hanno certificato il risultato di ciascuno stato, stabilendo il risultato ad oggi noto: per Biden 306 delegati, per Trump 232. La Costituzione prevede quindi che il Congresso, Camera dei Rappresentanti e Senato, si riunisca a mezzogiorno del 6 gennaio per il conteggio dei voti. Il Vice Presidente in carica, e Presidente del Senato,  M. Pence,  sarà di diritto presidente del Congresso riunito. Se il vicepresidente non potesse presiedere, sarebbe sostituito pro-tempore dal senatore più anziano nel partito di maggioranza, attualmente il senatore del Iowa Chuck Grassley. Con una complicata, formale e piuttosto arcaica procedura, il Presidente dell'assemblea aprirà i plichi, contenuti all'interno di due scatole in mogano che risalgono al XIX secolo, contenenti le certificazioni di ogni stato (in ordine alfabetico a partire dalla lettera A, precisa la legge). Ogni voto verrà annunciato da un Rappresentante e da un Senatore in funzione di segretari (teller), e riportati in un elenco riepilogativo tenuto da altri due parlamentari - segretari, tutti eletti dall'assemblea.  Alla fine della procedura il Presidente annuncerà il risultato del conteggio: come noto è necessaria la maggioranza dei voti elettorali (270) per essere eletti; qualora non fosse raggiunta tale maggioranza, toccherebbe alla Camera scegliere il Presidente, ed al Senato il Vice Presidente. La scelta nella storia è stata demandata alle Camere solo nel 1800, Jefferson contro Burr appaiati a 73 voti elettorali, e nel 1824, J. Q. Adams contro Jackson, quando nessun candidato raggiunse la maggioranza del collegio elettorale, prescritta dalle leggi dell'epoca.

Secondo la procedura, a quel punto il Presidente dell'assemblea chiederà ai parlamentari se vi siano obiezioni circa i voti espressi: se un Senatore e un Rappresentante presenteranno congiuntamente un'obiezione scritta che dichiari in modo chiaro e conciso il motivo della stessa, le due camere si separeranno per deliberare in merito. Se i due rami del parlamento non esprimeranno un parere concorde su ciascuna obiezione, resterà valido il voto che era stato annunciato dal Presidente dell'assemblea. Dopo le deliberazioni, riprenderà la seduta congiunta, e il Presidente annuncerà quindi la nuova situazione in base alle decisioni assunte. Tranne che nel caso di parità di voti ricevuti due candidati, sarà quindi designato definitivamente il Presidente Eletto che assumerà le sue funzioni il 2o Gennaio 2021.

Nella storia delle precedenti elezioni si sono verificati alcuni sporadici casi di contestazione riguardanti principalmente il collegio elettorale, o l'ipotesi che uno o più delegati avesse espresso un voto non "legalmente certificato". Nel 1873 le due camere decisero di non contare i voti elettorali dell'Arkansas e della Louisiana, che erano comunque ininfluenti per certificare la vittoria che sarebbe comunque andata a Ulysses Grant. Quasi un secolo dopo nel 1961, a causa di un riconteggio, il voto delle Hawai inizialmente certificato per il vicepresidente Richard M. Nixon, fu attribuito a John F. Kennedy. Il presidente del Senato, cioè proprio Nixon sconfitto in quelle elezioni, ha suggerito "senza l'intento di stabilire un precedente" che la più recente certificazione dovesse venire accettata senza deliberazioni separate, per “non ritardare ulteriormente conteggio dei voti elettorali". La decisione, che non avrebbe comunque modificato il risultato elettorale, venne approvata dalle due camere con consenso unanime. Nel 1969, un rappresentante (James O'Hara del Michigan) e un senatore (Edmund S. Muskie del Maine) si opposero per iscritto al conteggio il voto di un delegato della Carolina del Nord che avrebbe dovuto votare per Richard Nixon e Spiro Agnew, ma che invece votò per George Wallace e Curtis LeMay (candidati indipendenti); anche in questo caso un voto del tutto ininfluente sul risultato finale, che fu accettato dalle Camere per motivi formali, creando il primo caso di "unfaithful elector" che riuscisse nel suo intento. Solo nel 2020 la Corte Suprema (Chiafalo v. Washington - US 19-465) avrebbe poi cambiato il quadro legale, stabilendo all'unanimità che uno Stato può penalizzare i delegati "infedeli", e imporre loro di votare secondo le indicazioni popolari. Al momento della sentenza esistevano leggi, in 32 stati e nel Distretto di Columbia, che obbligavano i delegati a votare secondo il risultato elettorale certificato. Infine nel 2005, un rappresentante (Stephanie Tubbs Jones dell'Ohio) e una senatrice (Barbara Boxer della California) si opposero per iscritto alla certificazione dei voti elettorali dell'Ohio. Le camere si riunirono separatamente per considerare l'obiezione, che fu respinta sia dai Rappresentanti che dai Senatori. Quando la Camera e il Senato ripresa la sessione congiunta, i voti elettorali del Ohio sono stati conteggiati come espressi.

Sin qui la teoria e i precedenti. Venendo alla pratica e a ciò che potrebbe accadere il 6 gennaio, è fortemente improbabile il rovesciamento del risultato fin qui acquisito, malgrado qualche obiezione che certamente alcuni fedelissimi trumpiani in cerca notorietà presenteranno contro le indicazioni dei capi del Partito repubblicani, con il solo risultato di costringere le camere ad una deliberazione. Che ben difficilmente verrà approvata dalle due camere. I numeri sono chiari: al Senato sino al 5 Gennaio il Partito repubblicano ha una stretta maggioranza (50 a 48), che potrebbe sostenere l'obiezione. Considerando però la spaccatura all'interno del GOP, è plausibile prevedere che il Senato non approverà. Alla Camera dei rappresentanti la maggioranza democratica è di 222 a 211, e non sembra verosimile che Trump riesca a fare pressioni tali da impedire a 11  membri democratici della camera bassa di votare in modo da respingere le obiezioni presentate, e così sancire la vittoria di Biden.

La forma mentis di D. Trump è ormai nota, ed è stata messa alla prova con 62 sconfitte giudiziarie in altrettanti ricorsi per sovvertire il risultato presso corti locali e federali. Proponendo ipotesi al limite dell'allucinazione, legalmente prive di alcun merito, e senza preoccuparsi di presentare alcuna prova, l'intenzione del tycoon è di forzare la situazione destabilizzando l'avversario e il sistema sino ad ottenere un risultato pratico a lui favorevole. L'esempio del più volte citato caso Trump vs Deutsche Bank del 2009, è indicativo di questo modo di procedere, che però in questo caso ha scarse possibilità di riuscita. Perché l'ambito non è commerciale, e la posta il gioco non è una quantità più o meno rilevante di denaro, ma l'applicazione della costituzione americana. Il Presidente uscente ha quindi solo due obiettivi politici: perfezionare la campagna di delegittimazione di Biden, infliggendogli un'umiliazione quasi unica nella storia americana; e scardinare il Partito Repubblicano, proponendosi ancora una volta come presunto uomo anti sistema, per iniziare una nuova campagna elettorale che durerebbe dal 21 Gennaio 2021 al 3 novembre 2024.

Malgrado queste certezze, la giornata del 6 gennaio merita di essere seguita con grande attenzione perché potrebbe raggiungere vette di spettacolarità e tensione che raramente la politica offre.

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