Padri fondatori 2: furono fondatori o debitori ?
Interessante e rischiosa, in questo scivoloso mondo della comunicazione veloce, la riflessione, sul Los Angeles Times, di Clyde W. Ford, autore fra l'altro del recente “Of Blood and Sweat: Black Lives, and the Making of White Power and Wealth”, a proposito di un aspetto trascurato della storia dei Padri Fondatori americani: la loro propensione al debito e la singolare forma di copertura finanziaria usata.
Se è nota la contraddizione fra principi politici di eguaglianza, e pratica quotidiana del possesso di schiavi da parte dei Founding Fathers, meno noto è che i Padri Fondatori inaugurarono già alla fine del diciottesimo secolo quell'abitudine all'indebitamento personale che è diventata una delle caratteristiche dell'economia americana, facilitata nel ventesimo secolo dalla tecnologia, delle carte di credito e dell'informatica. Pochi giorni dopo la festa dell'Indipendenza, é singolare ripensare ai fondatori come debitori, specialmente in un momento in cui così tanti americani sono indebitati a causa di una pandemia che li ha resi incapaci di pagare l'affitto, il mutuo e le bollette della carta di credito.
Oggi gli americani sono in gran parte inconsapevoli del fatto che molti dei padri fondatori erano profondamente indebitati. Alcuni di loro, incluso lo stesso Thomas Jefferson, evitarono il fallimento usando i loro schiavi come garanzia. L'uso di esseri umani per sostenere il debito è stato perfezionato negli anni successivi al 1776 e ha contribuito a far ripartire il sistema finanziario americano, afflitto anche dalle promesse fatte ai veterani della rivoluzione. Il debito sostenuto dagli schiavi ha costituito una degenerazione che consentiva di trattare gli uomini e le donne di colore come una materia prima, il cui unico valore era la ricchezza che generavano per gli altri.
Thomas Jefferson morì il 4 luglio 1826, con quasi $ 2 milioni di debiti in dollari di oggi. Mount Vernon, la piantagione di tabacco di George Washington, non riuscì ad evitare al suo illustre proprietario di indebitarsi, quindi fu mutata alla produzione di grano dopo il 1760, ma il livello di debito per il proprietario rimase inalterato dalla guerra rivoluzionaria al doppio mandato presidenziale.
Il modo in cui i fondatori si sono indebitati fu semplice. Ogni anno vendevano il loro tabacco a mercanti europei (soprattutto britannici), principalmente in cambio delle merci che sostenevano i loro sontuosi stili di vita. Poiché i prezzi del tabacco tendevano a diminuire, contrariamente al loro desiderio di comodità materiali che rimaneva inalterato, hanno pagato per quello stile di vita con il credito concesso da molti degli stessi commercianti.
Prima della guerra rivoluzionaria, le condizioni economiche in Europa avevano depresso i mercati ed in particolare i mercanti britannici, che si rivolsero ai piantatori americani per ottenere il rimborso del debito. Ciò spinse alcuni piantatori americani al collasso economico, e altri, come Jefferson e Washington, sull'orlo della rovina finanziaria. L'aristocrazia americana formatasi a quel tempo, e simbolizzata dai partecipanti all'avvenimento del 4 luglio 1776, fu profondamente colpita perché l'indipendenza conquistata sui campi di battaglia risultò limitata dai creditori britannici. E perché quell'indipendenza basata sul tabacco, che era la loro principale fonte di guadagno, tornava nelle mani dei creditori dell'ex madre patria. Per sfuggire alla monocultura del tabacco, senza schiavi per coltivare i raccolti, i piantatori avrebbero dovuto impegnarsi per diversificare l'economia agricola dei nuovi stati, mentre erano assorbiti dall'affermazione di alti ideali di libertà e uguaglianza.
In realtà, la libertà finì per essere direttamente legata alla schiavitù. Sebbene non sarebbe corretto dire che i fondatori andarono in guerra con la Gran Bretagna solo per uscire dal debito, il loro debito crescente li predispose ad essere aperti all'idea di separarsi dalla Gran Bretagna, con conseguente Dichiarazione di Indipendenza e Guerra Rivoluzionaria.
Negli anni successivi alla vittoria dell'America in quella guerra, su Jefferson continuava a incombere un forte indebitamento, da cui cercò di uscire con piani di rimborso verso i suoi creditori europei, usando uno per uno i suoi schiavi come garanzia di quel rimborso. A questo proposito, Jefferson non fu che l'avanguardia di una tendenza generale: sebbene il tabacco abbia poi ceduto il posto al cotone, un'intera industria dei servizi finanziari è emersa dai prestiti garantiti dagli schiavi prima della guerra civile, attraverso quella che la storia economica ha chiamato "un'orgia di creazione di banche".
La Citizens' Bank e la Canal Bank of Louisiana, che alla fine si fusero nella J.P. Morgan, accettarono circa 13.000 schiavi come garanzia per prestiti tra il 1831 e il 1865. Quando alcuni di questi prestiti andarono in default, la banca si ritrovò proprietaria di circa 1.300 schiavi. La Bank of Charleston, che col tempo divenne parte della Wells Fargo Bank, accettò schiavi come garanzia sui prestiti, così come la Commonwealth Bank del Kentucky, che esiste ancora oggi. Il gruppo Planters aprì in quel periodo nuove banche nel sud degli Stati Uniti, che fecero i primi affari con i coltivatori locali che davano schiavi come garanzia, chiedendo poi di concedere prestiti per acquistare più terra e più schiavi. Il capitale per questi prestiti è stato raccolto vendendo obbligazioni a investitori di tutto il mondo, a Londra, New York, Amsterdam e Parigi, molti luoghi dove la schiavitù era illegale. Gli investitori europei non possedevano singoli schiavi, ma solo obbligazioni garantite dal valore degli schiavi. Inoltre, divenne necessaria un'assicurazione sugli schiavi che sostenevano le obbligazioni acquistate dagli investitori per fornire prestiti ai piantatori per acquistare più terra e schiavi, così compagnie come Aetna, AIG, New York Life si fecero avanti per fornire tale assicurazione.
Secondo gli storici Edward E. Baptist e Louis Hyman "la nascente industria finanziaria americana si nutriva dei profitti ricavati dal finanziamento di commercianti di schiavi, mediatori di cotone e dalla sottoscrizione di obbligazioni garantite dagli schiavi". I neri americani e i loro discendenti non hanno mai recuperato nulla da un sistema finanziario costruito sui loro corpi.
Oggi, molti americani bianchi rifiutano sdegnosamente di essere coinvolti nella storia della schiavitù o nella brutalizzazione dei neri americani. I loro antenati emigrarono in questo paese ben dopo la fine della schiavitù, dicono, e lavorarono duramente, senza accumulare privilegi o ricchezze. Eppure, chiunque abbia mai comprato una casa con un mutuo, un'auto a rate, investito in borsa, acquistato un'assicurazione o aperto un conto di risparmio ha goduto di un privilegio sistemico.
Le istituzioni finanziarie che hanno gestito queste transazioni sono state costruite sui corpi di uomini e donne neri che non hanno mai accumulato nulla dall'enorme ricchezza che hanno generato. La ricchezza familiare è maturata nel corso di molte generazioni e alla maggior parte delle famiglie nere non è mai stata offerta l'opportunità di costruirla, anche se hanno contribuito a creare ricchezza per molti altri. Questo costituisce un valido motivo per le riparazioni.
Prima che ciò possa accadere - e in nome dei debitori fondatori - il governo federale dovrebbe almeno estendere la moratoria degli sfratti e fornire una riduzione del debito per i milioni di affitti e mutui fino a ben dopo la fine della pandemia e la piena ripresa.
L'opinione di Clyde W. Ford collima, o quanto meno è collegata, con la Critical Race Theory, e per quanto estrema e discutibile, è intellettualmente ineludibile anche per chi voglia privilegiare un atteggiamento più pragmatico e meno anacronistico, senza cadere nel puro opportunismo.
https://www.latimes.com/opinion/story/2021-07-01/founding-fathers-july-fourth-slaves