Per l'ISPI in USA "tutti contro tutti", e focus sul Pentagono

Sotto il titolo "Tutti contro tutti", l'organo del principale istituto italiano per le relazioni internazionali, ripercorre le tappe delle controversie parlamentari in corso negli Stati Uniti, dal veto presidenziale sul bilancio della difesa, allo stallo nell'approvazione delle misure di sostegno economiche a fronte della crisi aperta dalla pandemia. Secondo Mario Del Pero in questo ultimo periodo sono stati raggiunti con successivi compromessi "accordi incompleti e farraginosi, che per i loro contenuti, e le modalità con i quali sono stati raggiunti, provocano il malumore di molti, a destra come a sinistra. Malumore che Trump cerca di cavalcare con l’obiettivo ultimo di rafforzare la sua immagine di figura anti-politica e di Presidente del popolo, e per preservare un’ipoteca su un partito repubblicano che farà molta fatica a emanciparsi da Trump e dal trumpismo”.

Ma per l'istituto milanese il vero nodo cruciale nella partita starebbe nella nomina al Ministero della Difesa del generale Lloyd Austin: "l’impressione è che la partita più complessa della transizione si stia giocando al Pentagono. ...Joe Biden ha definito “irresponsabili” gli attuali vertici del dipartimento della Difesa che non fornirebbero alla sua squadra le informazioni necessarie sull’intelligence....paventando il rischio che “gli avversari degli Usa possano sfruttare qualsiasi confusione che derivi dagli ostacoli nel passaggio dei poteri”. Ma ad agitarsi sotto la superficie del Pentagono, oltre alla questione relativa al passaggio di consegne, c’è ben altro: la battaglia per la conferma al Congresso di Lloyd Austin, generale in pensione, come segretario alla Difesa".

Per capire perché ISPI dia queste indicazione, può essere utile rileggere l'intervista concessa al periodico dell'esercito "US Army" esattamente due anni fa (2 gennaio 2018), dal generale Austin. Dopo essersi presentato come un frutto della riforma dell'esercito in senso professionale (1 luglio 1973), Austin ha indicato nella Prima Guerra del Golfo e nell'attacco alle Torri  Gemelle i momenti di svolta nella concezione militare americana. "I cambiamenti nell'arte operativa, nello sviluppo della forza e nei progetti e metodi di impiego hanno guidato il nostro concetto di forza pesante rispetto a forza leggera; [eravamo] costantemente alla ricerca di una forza media e di un metodo operativo efficaci. Abbiamo sviluppato tecniche di impiego strategico oltre l'orizzonte utilizzando la campagna contro lo Stato Islamico come un banco di prova. Ciò ha ribadito l'importanza dell'approccio indiretto, by-with-through, che utilizza un mix di fuochi di precisione, forze di operazioni speciali abilitanti e intelligence, sorveglianza e ricognizione, a sostegno della forza di terra indigena di un partner affidabile". Inoltre il  Generale non ha nascosto il controverso tema dei rapporti del Pentagono con "big tech": "una rivoluzione negli affari tecnologici non equivale a una rivoluzione negli affari militari. A volte, abbiamo riposto troppe speranze e crediamo che l'ingrediente vincente siano le soluzioni tecnologiche. La tecnologia è un ingrediente necessario per qualsiasi combinazione vincente di strategia e forza, ma da sola è insufficiente". Riguardo al tema sempre scottante dei rapporti con i fornitori del Pentagono il generale è stato molto netto "Credo che ci siano modi per consentire la coproduzione attraverso vendite militari estere (FMS) o vendite commerciali dirette e investimenti congiunti e associati in azioni pre-posizionate. Sviluppare la capacità dei partner con piattaforme complete, per l'intero ciclo di vita da formazione, consulenza a assistenza sia un fattore abilitante straordinario. ....dobbiamo ricevere risorse ed essere consigliati, assistiti e accompagnati di conseguenza"

Dal gergo tecnico militare alla dottrina strategica il passo non è automatico, ma breve: è un Pentagono rivoluzionato quello disegnato da L. Austin. Le Forze Armate tornerebbero al servizio di un rinnovato impegno degli USA di Biden in alleanze anche militari con partner locali, senza escludere opzioni multilaterali. Nella controversa questione dei rapporti con "big thech", ci si può aspettare un nuovo approccio, più pragmatico nell'individuare le priorità militari rispetto a quelle tecnologiche. Analogamente il Pentagono con Austin ritroverebbe una equidistanza dai fornitori, nel rispetto dei ruoli reciproci, dopo anni di commistioni fra industria ed esercito. Che hanno peraltro coinvolto lo stesso Austin, visto che dal 2016 è entrato nel consiglio di uno dei maggiori fornitori della Difesa, Raytheon Technologies.

Per la nomina di L. Austin al Pentagono, é' arduo prevedere che il neo Presidente Biden possa fruire della tradizionale "luna di miele" con il Congresso, considerando i programmi ambiziosi e radicali del generale Austin. Ancor più per la prevedibile resistenza della nutrita pattuglia trumpiana al Senato, che potrebbe frapporre ostacoli sostanziali a tutte le nomine che richiedono l'approvazione del Campidoglio. E' anche vero che la situazione potrebbe radicalmente cambiare se i democratici conquistassero la maggioranza al Senato,  vincendo le elezioni suppletive in Georgia del 5 gennaio. Il cambio di maggioranza determinerebbe il ricambio al vertice di tutte le commissioni senatoriali, dando anche al Partito Democratico la possibilità di offrire qualche compenso ai leader liberal, sin qui scontentati nella ventilata formazione del gabinetto.

Oltre a "tutti contro tutti", "wait and see" sembra essere la sintesi del momento politico. E bisogna aspettare solo fino al 5 Gennaio, che è vicinissimo.

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/usa-tutti-contro-tutti-28817

https://www.army.mil/article/198441/looking_back_for_the_way_ahead_an_interview_with_retired_gen_lloyd_austin