Perché il Presidente Biden crolla nei sondaggi d'opinione

All’inizio del 2022 i sondaggi indicavano che l’indice di approvazione dell’operato del Presidente Biden era ai minimi dopo dodici mesi nell’incarico. L'aumento dell'inflazione, le controversie nella risposta alla pandemia, una pesante incertezza in politica estera in occasione della fine della missione in Afghanistan, sembravano le ragioni principali. Insieme alla ulteriore polarizzazione dello scontro con i repubblicani, e alle crescenti critiche piovute dall’ala liberal del Partito democratico, scontenta perché tagliata fuori dal governo e delusa dal mancato rispetto delle promesse elettorali.

Appena il giorno successivo l’inizio della guerra in Ucraina, il 25 Febbraio, il 56% degli intervistati aveva espresso un giudizio negativo sul bilancio del primo anno in carica di Biden, contro solo il 39% che ha affermato che è stato un successo. Se il dato medio era di per sé negativo, lo sconforto è arrivato dal sondaggio secondo cui per il 52% degli americani Biden ha contribuito alle divisioni nazionali, nonostante l'unione del Paese sia stato un pilastro della sua vittoria del 2020. Biden non ha la bacchetta magica per realizzare politiche bipartisan semplicemente evocandole. E obbiettivamente Biden non ha lanciato i suoi sostenitori all’assalto del Parlamento. La scorsa settimana un sondaggio condotto congiuntamente da analisti collegati ai due partiti ha ribadito questi risultati, riducendo ulteriormente il margine pro Biden, anche dopo che in qualche modo il Presidente aveva, di fronte alle minacce russe, chiamato al tradizionale raduno intorno alla bandiera. Può essere che il successo della politica di fermezza condotta da Biden possa in futuro avere un effetto positivo sui sondaggi, in particolare se l'America fosse coinvolta in modo diretto nel conflitto, ma al momento nessun segnale confortante arriva dalle rilevazioni sull’umore degli americani.

Biden non ha mai avuto un grande successo nel gioco delle statistiche e delle previsioni. Già nel 2016, secondo i sondaggi condotti sulle possibilità dell’allora vice presidente di Barak Obama di conquistare la nomination democratico, il 60% degli elettori democratici si era espressa contro Joe Biden. Che trovò un ulteriore motivo per rinunciare all’impresa nella scomparsa del figlio Beau, la cui lunga malattia lo aveva logorato mentalmente e fisicamente. Malgrado alcuni decenni trascorsi in parlamento, anche lo stato maggiore del Partito Democratico ritenne all’epoca impossibile costruire per Biden il tipo di sostegno politico e di raccolta fondi di cui avrebbe avuto bisogno la sua candidatura, anche perché tardiva. Quattro anni dopo le preoccupazioni generate dalla deriva della presidenza Trump, convinsero sia il Partito Democratico che i suoi elettori a dare fiducia a Biden, ma i sondaggi non sono mai stati certi dell’esito finale, che sorprese soprattutto per la sua ampiezza. E anche per questo lasciò attonito il presidente uscente, contribuendo al rifiuto di accettare la sconfitta da parte di Trump, che nella sua vita non ha mai riconosciuto le pur numerose sconfitte.

I sondaggi più mirati svolti in queste settimane indicano che Biden non convince tre settori chiave dell’elettorato americano: gli indipendenti dai partiti, gli elettori delle aree rurali, la stessa base democratica. Il sostegno dei cittadini non schierati, indipendenti dai partiti fu decisivo nelle elezioni presidenziali del 2020, e si può prevedere che si confermi la tendenza che rende cruciale questo settore per spostare l’ago della bilancia fra i due partiti nelle prossime scadenze elettorali.

Nella storia americana un altro presidente democratico si trovò in una posizione analoga, F. D. Roosevelt, la cui azione per contrastare gli effetti della depressione del 1929 fu inizialmente poco apprezzata e diede risultati poco visibili per quasi tutta la durata del primo quadriennio della sua presidenza. In quel periodo di forti contrasti fra governo federale e grande industria oltre che con il Partito Repubblicano, Roosevelt non riuscì mai a guadagnare consensi secondo le società specializzate, che proprio in quegli anni utilizzavano le prime moderne tecniche di sondaggio politico per sviluppare, perfezionare ed eseguire campagne politiche, utilizzando non l'istinto o l'intuizione, ma i dati e il metodo se non ancora scientifico, quanto meno empirico. Gli storici si sono poi sbizzarriti nel cercare di capire come Roosevelt seppe da un lato intercettare gli umori della nazione, e dall’altro indirizzarli e condizionarli anche con una strategia di comunicazione poco appariscente, ma efficace. Gli stessi studiosi sono concordi nel ritenere che Roosevelt, non avendo capacità divinatorie, aveva in realtà organizzato in modo capillare e costante una rete di relazioni che al di là del ceto politico, si estendeva a tutta la nazione. Quello che in epoca recente avevano fatto B. Obama e D. Trump, anche con l’utilizzo spregiudicato dei social media, e che anche Biden aveva saputo fare nel corso della campagna elettorale, con metodi più tradizionali.

Dal punto di vista della situazione politica c’è un altro precedente: nel 1946 Harry Truman, arrivato alla Casa Bianca per la morte prematura di F. D. Roosevelt, si trovò sotto attacco concentrico dei repubblicani e delle circostanze post belliche, esattamente come oggi Biden. L'inflazione era allora come oggi in aumento, alcuni beni difficili da reperire per la crisi post bellica della catena logistica (analoga a quella attuale post pandemia), e il Partito democratico perse le elezioni di mid term, mettendo a repentaglio la rielezione di Truman.

In questo quadro  per i repubblicani, la scelta attuale della strategia non è fra piani alternativi, ma se fissare un piano qualunque per "salvare l'America", o limitarsi un solo messaggio; ne avete abbastanza? Secondo molti sarebbe sufficiente per riconquistare il potere al congresso rimarcare le frustrazioni degli elettori per i prezzi elevati della benzina e dei generi alimentari, e passare a ritirare l’incasso.

Le prossime settimane diranno se la postura assunta da Biden dopo l’invasione russa dell’Ucraina – accuse dirette e pesanti a V. Putin, sanzioni economiche dure, unità con gli europei a costo di toccare le riserve strategiche di carburante USA – consentirà al Presidente in carica di recuperare l'appoggio almeno di un maggior numero di indipendenti e liberal. Il comportamento degli americani nel rispondere ai sondaggi, del resto, è un po' schizofrenico: a vasta maggioranza rifiutano l’dea dell’impiego di nuove truppe USA all’estero, ma hanno fatto dell’uscita dall’Afghanistan, invocata da tutti e decisa un anno prima da Trump, una colpa gravissima solo di Biden. In realtà, Biden sembra convinto che "l'opinione pubblica americana ha abbandonato le ambizioni imperiali....e, come già Obama nel 2009 ha promesso che il nation building si farà all'interno" (F. Rampini).  

Secondo le regole della politica americana le elezioni di midterm, mentre per l’opposizione sono gestibili come un semplice referendum sull’efficacia del Presidente, per l’amministrazione in carica c’è una sola via, quella di poter dimostrare risultati inequivocabili. Le ambizioni del primo anno sono state ridimensionate, e con obiettivi più modesti, unificare i democratici al Congresso è diventato più difficile - e conquistare i repubblicani più difficile che mai. Molti problemi, come l'inflazione, non hanno soluzioni certe e immediate, sui temi in cui Biden sarebbe in grado di agire, come sull'immigrazione, le sue scelte sono politicamente pericolose.

Le elezioni di novembre nelle intenzioni dei repubblicani saranno solo il primo tempo della campagna presidenziale del 2024, che secondo alcuni è cominciata il 6 gennaio 2021. Anche in questo il precedente di Truman deve fare riflettere: due anni dopo aver subito una delle peggiori sconfitte di un presidente a metà mandato, Truman ottenne un clamoroso successo nelle elezioni del 1948, certamente il più clamoroso recupero rispetto ai sondaggi nella storia politica americana, usando il "Parlamento del nulla", il laissez-faire e il proprio scarso interventismo, come medaglie di altrettanti successi politici.

https://www.jstor.org/stable/260297

Federico Rampini - Il suicidio occidentale - Mondadori