Trump: dalle promesse elettorali al difficile governo dell'economia

Il passaggio di consegne da Joe Biden a Donald Trump, in forme istituzionalmente corrette a differenza del passaggio inverso nel 2020, é avvenuto sotto il segno di una situazione economica americana sorprendentemente buona.

La produzione è superiore alle tendenze pre-pandemia, superando di gran lunga le altre principali economie. La disoccupazione si aggira intorno al 4%, l'inflazione sta lentamente tornando all'obiettivo del 2% della Fed mentre i tassi di interesse stanno scendendo dal loro picco. il mercato azionari è ai massimi dal 1995. Questa la fotografia al momento del ritorno al potere di Trump. Ma le due principali promesse della campagna elettorale vincente di Trump sono il primo banco di prova dell'intera strategia presidenziale:

1 dazi -  i nuovi dazi che Trump intende applicare spingeranno tutti i partner commerciali, da quelli "ostili" come Pechino a quelli alleati come la UE,  a reagire. Per i consumatori e le aziende americane questo significa prezzi più alti per beni e servizi importati. Inoltre è da prevedere una turbativa per le catene di approvvigionamento e i flussi commerciali. Che causeranno altri aumenti di costo per aziende e consumatori USA. Se, come prevedono gli economisti, tutto questo non porterà ad una riduzione del deficit commerciale complessivo degli Stati Uniti, la conseguenza sarà anche che non aumenteranno i posti di lavoro nel settore manifatturiero.  In realtà la politica dei dazi é uno strumento per ottenere concessioni da alleati e avversari e riorientare il sistema del commercio internazionale in senso più favorevole, o sarebbe meglio dire, ancor più favorevole che in passato per gli Stati Uniti.

2 immigrazione - L'eliminazione di milioni di lavoratori stranieri attivi in America, ridurrà la forza lavoro complessiva, facendo aumentare salari, costi aziendali e prezzi al consumo, e potrebbe quindi causare aumento del deficit federale e una diminuità capacità produttiva dell'economia americana. A parte le remore espresse da E. Musk e dai CEO di big tech che pescano all'estero la maggioranza dei loro tecnici, già il Laken Riley Act, la legge sull'immigrazione approvata dal Congresso il 23 gennaio scorso, ha stimato per il solo Department of Homeland Security il costo delle deportazioni in 26,9 miliardi di dollari, a fronte di soli 110.000 nuovi entranti nei centri di detenzione. La propaganda presidenziale parla per i prossimi anni di 15 milioni di presunti immigrati privi di visto, e che hanno commesso reati, dato irreale, puramente stimato. Riducendolo a un, già enorme, numero di  5 milioni, se per le nuove procedure di deportazione (identificazione, detenzione e trasporto, costi legali) il governo riuscisse a spendere solo 100 dollari pro capite, con il non facile compito di reperire 500 milioni di dollari. Se la cifra fosse doppia, servirebbe 1 miliardo di dollari, e allora non ci sarebbe solo una difficoltà di bilancio, ma un buco che l'amministrazione Trump non riuscirebbe a colmare nemmeno facendo pagare le tasse ai suoi sostenitori di big tech.

Come se questo non bastasse gli analisti si interrogano sugli effetti che l'annunciata stretta contro l'immigrazione avrà sul mercato del lavoro: molti americani non sono disponibili per un ampio numero di lavori, che sono fatti dagli immigrati. Eliminandone un numero significativo, si ridurrebbe la complessiva forza lavoro, facendo scattare una spirale di aumenti salariali, costi medi del lavoro per le aziende e di conseguenza prezzi al consumo, che impatterebbero negativamente sulla capacità produttiva dell'economia americana. Oltre agli effetti negativi su un deficit già oltre i limiti di allarme. E tralasciando il fatto che molti di quei 5 milioni (che non sono certo tutti criminali) pagano imposte dirette e consumano sul suolo americano, facendo parte del ciclo economico che verrebbe così ulteriormente impoverito.

E' quindi lecito prevedere che l'effetto combinato delle politiche commerciali e di immigrazione di Trump sarà una crescita più lenta e un'inflazione più elevata. E le annunciate misure a favore della crescita su cui contano investitori e leader aziendali, ovvero la deregolamentazione e i tagli alle tasse, ammesso che ci siano, faranno con ogni probabilità fatica a  compensare i danni.

Il fronte conservatore ribatte che il primo mandato di Trump è stato positivo per l'economia americana. Ma le condizioni di partenza sono molto diverse rispetto al 2017, con le capitalizzazioni di borsa, il debito pubblico e i tassi di interesse più elevati.

E' possibile che molto nella minacciata raffica di dazi, sia solo un modo aggressivo di impostare le trattative, ma se le criticità qui descritte limiteranno i risultati complessivi, basterà una piccola crisi del mercato azionario, o il malcontento della classe media per gli aumenti inevitabili dei prezzi, per fare delle prossime elezioni di medio termine un traguardo finale per questo inizio caotico della Presidenza Trump.