Verso le elezioni: la trappola del collegio elettorale
Secondo l'articolo 2, sezione I della Costituzione americana "Ogni stato nomina, nei modi stabiliti in autonomia, un numero di elettori, pari al numero totale di senatori e rappresentanti a cui lo Stato può avere diritto nel Congresso". Per essere dichiarato Presidente un candidato deve ricevere il voto della maggioranza di questi elettori. Il 12° emendamento nel 1804 ha introdotto significative integrazioni laddove ha stabilito regole precise per i tempi e modi della transizione fra uscente ed eletto e per il caso di parità di elettori, che di qui in avanti saranno indicati come "delegati" per evitare ambiguità.
In totale ci sono attualmente 538 delegati (3 fissi per il Distretto di Columbia), e servono 270 voti per l'elezione. Se nessun candidato raggiunge la maggioranza, o in caso di parità fra due candidati, sarà la Camera dei rappresentanti a scegliere il nuovo Presidente, e il Senato a scegliere il vicepresidente. Per tre volte nella storia americana la maggioranza non è stata raggiunta (1800 - 1824 -1836), ma in situazioni politiche (la presenza di più di due partiti con un numero consistente di delegati) e normative (voto disgiunto presidente-vice, assenza primarie) che rendono quelle esperienze non comparabili con l'attuale sistema. In caso di ulteriore parità, la Camera si riunisce ad oltranza per nuove votazioni, sino a quando l'equilibrio non si rompe. Speriamo che non si verifichi questo risultato perché potrebbe sorgere anche una diatriba legale sull'interpretazione della Costituzione laddove dice che "il Presidente viene eletto dalla maggioranza delle delegazioni", che secondo alcuni significa una maggioranza di 26 stati, e non di delegati.
I delegati vengono comunemente designati come il "Collegio Elettorale", che definisce l'insieme del procedimento, articolato su tre momenti distinti:
- selezione: prima del 5 novembre i delegati sono indicati dal partito di appartenenza del candidato, cui sono collegati con un meccanismo simile al nostro "voto di lista";
- riunione: il 17 dicembre 2024 i delegati si riuniranno nei rispettivi Stati votando per il presidente e il vicepresidente, in ottemperanza al voto popolare espresso il 5 novembre;
- conteggio: il 6 gennaio 2025 il Congresso si riunirà in seduta congiunta sotto la presidenza del vice presidente in carica (Kamala Harris) per il conteggio ufficiale dei voti elettorali.
Da notare che secondo le leggi in vigore se un delegato votasse diversamente dal mandato ricevuto incorrerebbe in sanzioni, amministrative e penali, diverse da stato a stato. Politicamente però questa regola è stata contestata da Donald Trump nel 2016, quando ha cercato inutilmente di convincere alcuni delegati a cambiare il loro voto, seguito poi da un terzo dei rappresentanti repubblicani che hanno votato contro la certificazione dei risultati in Arizona e Pennsylvania. Sebbene questi tentativi di alterare l'esito delle elezioni del 2020 siano alla fine falliti, é certo che si ripeteranno in occasione delle elezioni del 2024, in caso di sconfitta di Trump.
Sin qui lo stato normativo. Politicamente il ruolo del collegio elettorale viene ciclicamente messo in discussione, perché sostanzialmente inutile nella dinamica della vita politica. Da ultimo dopo che Donald J. Trump nel 2016, perse il voto popolare per quasi tre milioni di voti ma divenne presidente con oltre 300 voti elettorali, si è diffusa la convinzione che questo meccanismo sia da rivedere. E che favorisca i repubblicani, visto che un simile esito si è verificato ben due volte a vantaggio di un candidato repubblicano dell'inizio del XXI secolo (George W. Bush 2000 e appunto D. Trump 2016), dopo che nei due secoli precedenti si era verificato solo altre tre volte (1824 Andrew Jackson, 1876 Rutherford B. Hayes, 1888 Grover Cleveland).
In realtà i dubbi sulla efficacia del meccanismo del collegio elettorale nel rappresentare il voto dei cittadini nascono da due tecnicismi, che solo per caso hanno di recente favorito i repubblicani: il numero di delegati assegnato agli stati più piccoli, e il sistema per cui stato per stato il vincitore guadagna tutti i delegati, anche quando vince per un solo voto di margine:
1 incongruità del numero dei delegati per stato: la regola prevista dalla Costituzione che lega il numero di elettori a quello della delegazione congressuale di uno stato non rispecchia in modo proporzionale la popolazione americana e crea una certa disparità fra stati grandi e stati piccoli; secondo i dati del 2023 (Census Bureau), se i voti elettorali fossero distribuiti in base alla popolazione, ad un delegato corrisponderebbero circa 622.000 cittadini. Nella realtà, un delegato nel Wyoming rappresenta circa 194.000 cittadini, mentre un delegato in Texas, Florida o California ne rappresenta oltre 700.000. Da un altro punto di vista, la California rappresenta l'11,6% della popolazione degli Stati Uniti e ha il 10% di tutti i delegati, per cui nel Collegio elettorale i suoi 54 delegati sono meno dei 63 che avrebbe con una regola proporzionale. Si tratta di una incongruità che solo casualmente ha favorito ad esempio nel 2016 Trump, che aveva un programma più vicino alle aspirazioni di stati più piccoli e tendenzialmente rurali;
2 il vincitore di uno stato guadagna tutti i delegati: il numero dei delegati viene attribuito in tutti gli stati, eccetto Maine e Nebraska, secondo la regola per cui il vincitore del voto popolare, anche quando vince per un solo voto di margine, ottiene tutti i delegati; nel prevedere l'esito elettorale di novembre sotto questo profilo, ci sono innumerovoli combinazioni possibili in funzione del risultato elettorale stato per stato. Dato per scontato che repubblicani e democratici si confermino negli stati dove sono stabilmente vincitori, restano alcuni stati incerti, 5-7-9 a seconda dei sondaggi, e quindi è diffcile prevedere esattamente il numero di delegati che andranno a ciascun candidato. Non va omesso che i sondaggi hanno un margine medio di errore del 3%, quindi ampiamente oltre il distacco attualmente previsto fra i due candidati. Conque a leggere questi sondaggi, D. Trump sta guadagnando consensi in alcuni stati che ha scarse probabilità di vincere come New York, quindi senza effetti concreti sul collegio elettorale, mentre Harris non ha un margine certo nei sondaggi relativi agli stati in bilico, e per lei solo perdere i 15 voti elettorali del Michigan potrebbe costare la presidenza. E questo anche se riuscisse a conservare altri stati incerti come la Pennsylvania e il Wisconsin. La maggior parte delle simulazioni pubblicate sulla ripartizione dei delegati negli stati incerti, accreditano Trump come probabile vincitore. Secondo Henry Enten, sondaggista della CNN, potrebbe trattarsi di una valanga nel collegio elettorale, con il vincitre oltre 300 delegati, anche se lo sconfitto avesse più voti popolari. Questo perché il margine è così ristretto, che se uno dei due candidati vincesse di pochissino in cinque dei sette stati incerti, avrebbe un margine enorme in termine di delegati.
Malgrado queste storture, il sistema politico americano sembra avere una fedeltà bipartisan al sistema del "collegio elettorale". E questo benché gli onnipresenti sondaggisti registrino anche che il 63% dei cittadini preferirebbe invece che il vincitore delle elezioni presidenziali sia il candidato che ottiene più voti a livello nazionale (sondaggio Pew Research Center condotto tra il 26 agosto e il 2 settembre 2024 su 9.720 adulti).
La tradizione costituzionale americana si regge anche su questo istituto un pò anacronistico, e visto lo stato di crisi delle istituzioni democratiche, il momento non sembra favorevole per aprire nuovi fronti di divisioni con riforme che non siano approvate da una larghissima maggioranza di cittadini.
https://bipartisanpolicy.org/explainer/the-electoral-college-simplified/
https://www.archives.gov/electoral-college/allocation https://www.census.gov/quickfacts/fact/table/US/POP010220
https://www.pewresearch.org/short-reads/2024/09/25/majority-of-americans-continue-to-favor-moving-away-from-electoral-college/
https://www.youtube.com/watch?v=5FpZbtzFI2g