2024 anno elettorale sulle due sponde dell'Atlantico
Gli Stati Uniti non sono più il gendarme del mondo, e il potere dell'inquilino della Casa Bianca non é quello di qualche decennio fa, tuttavia le elezioni presidenziali americane sono seguite con grande attenzione dalle cancellerie e dall'opinione pubblica in tutto il mondo. La scadenza del novembre 2024 sembra ancora lontana e la complessa macchina elettorale deve ancora mettersi in moto, ma gli analisti anche in Europa hanno già iniziato a fare previsioni e seguire ogni aspetto della competizione. Un recente intervento di Lorenzo Vaiani del "Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali" mette in diretta relazione la corsa elettorale americana con l'Europa. L'interesse del centro studi milanese, normalmente focalizzato sull'area previdenziale, indica di per sé che l'argomento non riguarda solo gli americanisti, ma tutti gli osservatori della vita politica ed economica europea.
Oltre ad analizzare le attuali candidature e le manovre in corso nei due partiti maggiori della politica USA, Vaiani parte dalla constatazione che nel 2024 sono previste anche le elezioni per il Parlamento europeo. Questa concomitanza, che ricorre di regola ogni vent'anni, evidenzia può condizionare il rapporto fra Unione Europea e Stati Uniti, per le incognite insite nel simultaneo cambio della guardia alla Casa Bianca, e nell'evoluzione della maggioranza politica al parlamento europeo. Il modo in cui il modo in cui si comporterà l'elettorato dipende da circostanze per lo più fuori dal controllo dei governanti uscenti e della nostra conoscenza attuale, ma è possibile sin d'ora delineare i più plausibili fra gli scenari possibili:
1) USA: vittoria democratica - EU: conferma maggioranza Ursula
la situazione meno destabilizzante per le relazioni atlantiche, che confermerebbe il clima di collaborazione amichevole non privo di dissidi su dossier anche scottanti (da quello militare a quello digitale, alle relazioni con la Cina) ma che consentirebbe una continuità piuttosto rara nel recente passato; se si pensa all'abituale e radicale
2) USA: vittoria democratica - EU: maggioranza conservatrice nuova
il vento di destra che soffia su tutta l'Europa potrebbe portare ad una maggioranza più conservatrice nel parlamento europeo, con il prevalere di istanze regressive su temi come l'immigrazione; potrebbe aggiungersi il tradizionale anti americanismo della destra estrema europea, in particolare in Francia e Italia, anche se le giravolte e l'abiura di alcune convinzioni proprio da parte della destra più conservatrice sono stati già registrati dalle cronache europee dell'ultimo anno;
3) USA: vittoria repubblicana - EU: conferma maggioranza Ursula
si tratta di una convivenza già sperimentata fra il 2017 e il 2021 con la presidenza Trump, che significò una battuta d'arresto su quasi tutte le aree di collaborazione; che fra i repubblicani prevalga Trump o uno dei suoi concorrenti, ci sarebbe comunque un probabile ritorno alle spinte isolazioniste che sono una costante della storia politica USA, con un possibile inasprimento a causa delle esigenze di politica interna americana, che potrebbero indurre la nuova amministrazione ad assumere posizioni radicali per gratificare il proprio elettorato;
4) USA: vittoria repubblicana - EU: maggioranza conservatrice nuova
sarebbe uno scenario inedito negli ultimi vent'anni, e potrebbe portare ad una generale predominanza delle narrative conservatrici in ogni ambito, con interrogativi più marcati a livello economico: un'Europa in cui tornassero a prevalere politiche monetariste e istanze nazionalistiche sarebbe inevitabilemnete in scarsa sintonia con un'America neo protezionista.
In un mondo che resta globale, ognuno di questi scenari deve fare i conti con gli attori presenti su tutti i teatri geo politici: la Cina mantiene ambizioni globali anche se ancora non ha ripreso appieno la corsa al primato, la Russia di Putin responsabile della grave ferita alla sicurezza internazionale, ma anche le altre nazioni due nazioni BRIC, India e Brasile, che rappresentano due continenti in perenne attesa di esplosione economica. Da non perdere di vista il ruolo della Gran Bretagna, che resta ancorata alla storia della special relation con gli USA, mentre si riapre il dibattito, ancora timido e non strutturato, sull'eventualità di un nuovo referendum sull'Eurpa, una volsta constate le conseguenze negative della Brexit.
Tutto ciò ha a che fare con le ipotesi ad oggi più plausibili, ma le sorprese nelle elezioni americane ci sono sempre state, ed è possibile che l'evoluzione continua e sempre più veloce della società americana ci metta di fronte a realtà ad oggi non ben prevedibili, proponendo nomi nuovi per la corsa presidenziale. In campo repubblicano un outsider che merita qualche attenzione è l'ex governatore del New Jersey Chris Christie. Personaggio anomalo, entrato in politica come procuratore distrettuale democratico, eletto governatore fra i repubblicani, in grande sintonia con B. Obama, quindi frequentatore assiduo della sala ovale della Casa Bianca con l'inquilino Trump, poi abbandonato dopo l'assalto al Congresso del 6 gennaio 2022. Christie lavora per assemblare una coalizione moderata, che riunisca la istanze moderate con quelle produttive, strizzando l'occhio all'ostilità diffusa per la classe politica di Washington. La storia americana dimostra che per vincere il voto popolare é necessario costruire un'alleanza fra componenti apparentemente contradditorie: Roosevelt ottenne l'appoggio inedito dei cattolici per un programma economico espansivo, Johnson vinse il voto del sud pur avendo proposto una legislazione anti segregazionista, Nixon e i Bush riuscirono a cementare un patto impossibile fra finanza industria e sindacato, e l'affabulatore Reagan ottenne insieme voti progressisti e moderati. Fra i democratici da seguire l'attivismo non solo locale del governatore della California Gavin Newsome, che ha un curriculum impeccabile: sette anni come sindaco di San Francisco, nove da vicegovernatore e ormai quattro come governatore dello stato più popoloso della confederazione. Queste credenziali potrebbe portarlo dalla costa occidentale direttamente alla candidatura alla vicepresidenza, dopo l'esperienza non esaltante di un'altra californiana, Kamala Harris. I due si sono incorciati lungamente a San Francisco, e per la stampa americana sono i "best frenemies" tanto numerose sono le idee che li accomunano e i dissidi che li dividono. Le possibilità statistiche di un avvicendamento sono evidenti con un ultraottantenne Biden eventualmente rieletto: il New York Times impietosamente ha scritto che il Presidente é "ogni giorno un po' più lento, un po' più debole, un po' più sordo, un po' più incerto nel camminare, un po' più incline a occasionali vuoti di memoria, tutte situazioni ben conosciute da chi è novantenne o solo ha un parente di quell'età". E' vero che l'età media e l'aspettativa di vita sono ai giorni nostri incomparabili con il passato: F. D. Roosevelt divenne presidente a 51 anni e morì in carica a 63, e per tutto quel periodo le sue condizioni di salute furono oggetto di polemiche infinite. Jimmy Carter, eletto a 52 anni e non rinnovato, è oggi il più anziano ex presidente vivente, e il più longevo della storia, e a 98 anni costringe i giornali ad aggiornare continuamente gli "obituaries", sino ad oggi rimandati. Sarebbe l'ennesimo paradosso se la California che ha mandato alla Casa Bianca Ronald Reagan, il Presidente più anziano prima del duo dei settantenni Trump - Biden, portasse a Washington un presidente cinquantenne, ribaltando la connotazione gerontocratica che la classe politica americana ha palesato negli ultimi anni.
https://www.itinerariprevidenziali.it/site/home/ilpunto/economia-societa/2024-anno-di-elezioni-il-voto-negli-stati-uniti.html
https://www.nytimes.com/2023/06/04/us/politics/biden-president-age-2024.html
https://www.lamag.com/citythinkblog/gavin-and-kamala-the-best-of-frenemies/#:~:text=It's a solid political friendship—not without bumps.,businessman before going into politics.