Joe Biden e il nuovo "containement" in Europa
Nel 1946 il diplomatico americano George Kennan suggerì in un famoso dispaccio (passato alla storia come the long telegram) al Dipartimento di Stato una nuova strategia, per contenere le velleità espansionistiche dichiarate nei discorsi pubblici di Josip Stalin. Recentemente Ugo Tramballi ha richiamato quella filosofia a proposito della nuova strategia americana nei confronti della Cina, ma oggi sembra necessario ed urgente capire se è possibile applicare il principio del contenimento nei confronti del revanscismo russo.
La posizione espressa da Joe Biden nel discorso del 23 febbraio è apparsa proprio la premessa di un nuovo containement, perché riconosce con la massima chiarezza possibile la ristrettezza delle opzioni della politica internazionale americana: non può permettere l'espansione fuori dalle regole di una grande potenza, pur lontana dai confini americani, ma non ha la possibilità di farlo con mezzi militari, anche perché implicano il rischio dell'uso dell'arma atomica.
Per capire come potrà svilupparsi questa nuova dottrina, può essere utile partire dalle motivazioni russe, di allora e di oggi: Stalin nel 1946 era giunto alla conclusione che ogni decisione sovietica avrebbe dovuto essere subordinata all'unico grande imperativo di armarsi, in modo che la Russia, sola in un mondo potenzialmente ostile, avrebbe potuto essere al sicuro. Non molto differente l'odierna odierna dottrina Putin, che richiama la costante aspirazione di Mosca alla realizzazione dell'impero russo. Putin vuole convincere l'Occidente a considerare la Russia attuale come ai tempi dello zar e dell'Unione Sovietica. La Russia pretende di essere considerata come un potere da rispettare e temere, con diritti speciali sul suo vicinato e voce in capitolo in ogni grave questione internazionale. In questa visione la Russia vorrebbe riscrivere le gerarchie del sistema internazionale, con solo pochi stati (USA - Russia - Cina) che godrebbero di reale, completa sovranità, mentre tutti gli altri dovrebbero piegarsi all'autorità dei grandi. Questo mentre i regimi autoritari lavorano per l'indebolimento delle democrazie, vera ossessione di Putin, attraverso la politica di cyber attacchi, l'infiltrazione economica e la disinformazione propagandistica .
Che ci sia stata e ci sia una una diretta continuità fra la strategia zarista, quella sovietica e infine quella di Putin, è testimoniato da Robert C. Tucker, allora collaboratore dell'ambasciatore USA a Mosca Averell Harriman, poi politologo esperto di Russia, che ha rivelato come Kennan nella preparazione del testo lo aveva incaricato di rintracciare i precedenti storici riguardanti il modello zarista di politica verso l'Europa orientale.
Era quindi corretta l'analisi fatta da P. Fabry oltre trent'anni fa (Atlas des guerres à venir - 1987) sul rischio che la Russia sotto una guida autoritaria, come si è poi rivelata quella di V. Putin, possa finire di percorrere l'intero ciclo vissuto da altri grandi poteri europei: "espansione-crisi-rivincita-crollo". Dopo l'ascesa dell'epoca sovietica al rango di potenza globale, e la sconfitta, politica e sociale ma non militare, della caduta del muro di Berlino, la Russia cerca una rivincita sul piano militare, aggiungendo il ricatto energetico all'Europa.
In queste condizioni, come ha scritto Tucker,"l'America deve, più di quanto non avesse fatto nel passato, formulare e proporre ad altre nazioni un quadro positivo e costruttivo del tipo di mondo che vuole" . Nella consapevolezza, per usare le parole di G. Kennan, che "il più grande pericolo sarebbe affrontare questo problema diventando come coloro con cui ci confrontiamo". Per essere concreti, poiché l'aggressività esterna del regime di Putin non è altro che la continuità dell'autoritarismo interno, l'occidente deve rafforzare il proprio arsenale democratico insieme a quello missilistico.
Le azioni costruttive di "containement" degli Stati Uniti furono allora il piano Marshall, gli aiuti militari ai paesi confinanti con il blocco sovietico e la costruzione della NATO, intesscome alleanza militare difensiva. Da Joe Biden ci aspettiamo quindi oltre alle inevitabili sanzioni, il cui effetto è storicamente limitato nel tempo e nei risultati, un piano di azioni positive che includa aiuti economici per sopperire alla crisi energetica che l'Europa sta già vivendo, una risposta militare cauta ma ferma, e l'avvio della riforma della NATO.
Quest'ultimo punto oltre ad essere essenziale per togliere argomenti alla propaganda muscolare del regime russo, è vitale perché solo una NATO aggiornata rispetto alla nuova situazione geopolitica globale può corrispondere all'attuale sentimento prevalente nell'opinione pubblica americana, che rifiuta il ruolo di gendarme armato del mondo. Non si tratta del gretto neo isolazionismo proposto da Trump, ma della coscienza che nel mondo globale, ed in presenza della minaccia nucleare, i conflitti locali devono essere risolti con l'assistenza e l'ispirazione, ma non con la partecipazione di Washington.
Infine, dagli Stati Uniti ci aspettiamo un decisivo supporto alla nuova iniziativa strategica europea, inevitabilmente collegata alla NATO, che potrebbe permettere all'Europa di porsi con ben altra autorevolezza di fronte alle aspirazioni revansciste della Russia di Putin.
Non sarà facile affrontare questo cammino sotto la minaccia dei carri armati e la costante violazione del diritto e dei trattati, ma questo è il compito che aspetta gli Stati Uniti nei prossimi mesi.
https://digitalarchive.wilsoncenter.org/document/116178.pdf
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/un-lungo-telegramma-dalla-cina-29617
https://www.jstor.org/stable/pdf/10.25290/prinunivlibrchro.66.2.0295.pdf?refreqid=excelsior%3A96746adbe708ed69cb9f9c43f210a053&ab_segments=&origin=
https://foreignpolicy.com/2021/01/15/containment-russia-china-kennan-today/