La pena di morte: un'ombra sulla storia americana
Voci dall'America

La pena di morte: un'ombra sulla storia americana

Lo studio della storia americana, nelle sue diverse e talvolta contraddittorie evoluzioni, genera un generale rispetto anche per i più totali avversari degli Stati Uniti, per il fervore e la coerenza con cui le fondamenta dello stato di diritto sono innervate nella comunità americana. Come ha scritto Bernard Henry Levy "il senso del controllo delle regole, che governa i comportamenti di tutti a cominciare da quelli degli automobilisti, è amore per l'uguaglianza". Anche per quanti condividono questo rispetto, sussiste come un'ombra l'accanimento con cui, nella legge e nella coscienza civile americana, persiste l'uso della pena di morte. In un recente caso il governatore dell'Oklahoma ha commentato una contestata esecuzione dicendo che "lo stato ha reso giustizia alla famiglia della vittima", esprimendo un sentimento condiviso dalla maggioranza degli americani.

Per la quasi totalità degli italiani il rifiuto della pena di morte è un principio acquisito, grazie ad almeno tre fattori principali: in primo luogo per l'influsso del magistero della chiesa cattolica, che ha favorito una diffusa mentalità incline al perdono, benché la dottrina ufficiale della chiesa sino a pochi anni fa ammettesse la pena capitale quando fosse "l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani".  In secondo luogo, nella vita civile nazionale da ormai 130 anni, con la parentesi fascista, la pena di morte è stata cancellata dalle leggi, dapprima nel regno sabaudo nel codice Zanardelli nel 1889, e poi nella Repubblica dalla costituzione (art. 27) e dal successivo definitivo ripudio anche dal codice militare (1994). Infine la centralità nella memoria storica e nella coscienza nazionale italiana è frutto dell'opera di Cesare Beccaria, il milanese che si è garantito un posto fra i padri dell'Illuminismo grazie al volume "Dei delitti e delle pene". Il pensiero di Beccaria é il punto di riferimento, talvolta inconsapevole, per i cittadini italiani, e una guida per i giuristi di tutto il mondo: la pena di morte è inutile in quanto "la sperienza di tutti i secoli, nei quali l'ultimi supplizio non ha mai distolti gli uomini determinati dall'offendere"; non è necessaria  perché "ben lontano di diminuire la legittima autorità servirebbe ad accrescerla, se più che la forza può negli animi l'opinione",. E sopra tutto, la pena di morte è contraria ai fondamenti del diritto perché se le leggi e la sovranità derivano dalla cessione di una parte dei diritti dei cittadini, nessuno ha mai inteso cedere allo stato il proprio diritto alla vita, e "parmi un assurdo che le leggi ..che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime".

La pena di morte sopravvive in vaste aree del mondo: nel 2020 Amnesty International ha registrato 483 esecuzioni in 18 nazioni (-26% rispetto 2019). Questa cifra rappresenta il numero più basso di esecuzioni che Amnesty International segnala negli ultimi dieci anni. Gli stati che hanno maggiormente usato la pena capitale sono Cina, Iran, Egitto, Iraq e Arabia Saudita. Due tristi primati: quello del numero di esecuzioni, della Cina con 483 sentenze ufficialmente eseguite, e si ritiene che il numero reale sia anche molto più elevato. Il primato, orrendo, del maggior aumento percentuale va invece all'Egitto che con le sue 107 esecuzioni del 2020 ha quasi quadruplicato i casi rispetto ai 32 del 2019.

In Europa solo la Bielorussia di Lukashenko prevede nei suoi codici la pena di morte, e la stragrande maggioranza degli europei è convinta dell'inutilità e brutalità delle esecuzioni. Il recente quarantesimo anniversario della promulgazione della legge sull'abolizione della pena di morte in Francia è stata occasione per una ulteriore riflessione, eco del dibattito sul processo legislativo che portò oltralpe a rinunciare alla ghigliottina, simbolo della forza dello stato uscito dalla rivoluzione dell'ottantanove. Il vincitore di quella battaglia, voluta da F. Mitterand, fu Robert Badinter, uno degli ultimi grandi giuristi del novecento. Badinter ha raccontato in due libri pieni di passione politica, giuridica e umana, (L'execution - L'abolition) la sua lotta contro quello strumento sanzionatorio che la coscienza civile europea aveva da anni rifiutato. Il 19 febbraio 2007, all'atto dell'inserimento dell’abolizione nella Constituzione francese, Badinter disse  "La pena di morte è destinata a scomparire in tutto il mondo, come la tortura perché è una vergogna per l'umanità. Mai e in nessun luogo la pena di morte a evitato che un criminale commettesse un delitto". Attraverso percorsi diversi e con presupposti giuridici disparati, tutta l'Europa si trova in questa situazione.

Negli Stati Uniti la situazione è del tutto diversa. Dal 1938, anno dei primi sondaggi, la maggioranza degli americani è favorevole alla pena di morte, e negli  risulta quasi inalterata la misura di questo consenso (63/65%), anche se nel tempo alcuni indicatori mostrano da quanti dubbi sia attraversato  questo fronte. L'analisi della composizione dei gruppi di intervistati indica anzitutto la continuità, anche nelle tendenza in variazione, delle opinioni in funzione di fattori come l'appartenenza politica,  il credo religioso, l'educazione e l'etnia di origine. Particolarmente singolare che la tendenza alla diminuzione del sostegno alla pena capitale sia più accentuata nei sondaggi eseguiti telefonicamente rispetto ai sondaggi on line, come se ci fosse una certa riluttanza nel mostrare "di fronte" a terzi il proprio sostegno alle esecuzioni.

Secondo Charles Stimson, già collaboratore di G.W. Bush, oggi ai vertici del circolo conservatore The Heritage Foundation, la pena capitale va conservata per motivi politico costituzionali, per realismo democratico e per assicurare la sopravvivenza della società tramite un'ordinata giustizia penale. La costituzionalità viene rintracciata dal giurista conservatore nel 5° (1791) e 14° Emendamento (1868) alla Costituzione, laddove in tema di giusto processo è previsto che nessuno "possa venir privato della vita o della libertà senza un giusto processo secondo la legge". Due argomenti ultracentenari in teoria cassati dalla Corte Suprema nella sentenza Furman vs Georgia, del 1972, in cui la corte ha stabilito che la pena capitale in sé viola l'ottavo emendamento alla Costituzione del 1791 che proibisce "punizioni crudele e insolite", in particolare se irrogata con "metodi arbitrari ", specie per quanto riguarda la razza. Il realismo democratico in favore della pena capitale, secondo C. Stimson, starebbe nel fatto che essa sia ammessa nella di stati dell'unione; argomento in verità capzioso, e comunque destinato in un futuro non lontano a ritorcersi contro chi lo pronuncia, non appena la maggioranza verrà ribaltata. Infine l'idea che la pena capitale sia elemento dell'equità di un complessivo ordinamento della giustizia, si basa sulla premessa che sistema della giustizia penale funzioni a perfezione, che tutti gli imputati nei casi capitali abbiano avvocati competenti e zelanti, che li rappresentino in tutte le fasi del processo e del processo di appello. E non da ultimo che ogni residuo di razzismo nel sistema di giustizia penale sia eliminato. Quindi in realtà anche questo terzo argomento ha basi scivolose, e resta sempre sullo sfondo l'ideologia repressiva della legge penale, per cui la pena di morte assolve a tre legittimi fini del sistema giudiziario: la deterrenza generica, la deterrenza specifica del caso particolare e la punizione in proporzione alla gravità del reato. Argomenti cui, come si è visto, diede risposta preventiva il già citato Beccaria.

Ad oggi (luglio 2021) la pena di morte è autorizzata negli USA da 27 stati oltre che dal governo federale, (Dipartimento di Giustizia e esercito degli Stati Uniti), e vietata in 23 stati e nel Distretto di Columbia. In 13 stati non si verificano esecuzioni da oltre 10 anni, e in tre stati – California, Oregon e Pennsylvania – vige una moratoria formale sulle esecuzioni. A dimostrare una debole ma costante tendenza verso le restrizioni sull'uso della pena capitale, negli ultimi anni sono aumentate le contee che hanno eletto procuratori che si erano impegnati a non chiedere mai la pena di morte. Il 2020, complice la pandemia, risulta in assoluto l'anno in cui sono state emesse nuove condanne a morte dalla citata sentenza Furman vs Georgia, del 1972.

Peraltro aumentano anche i dubbi sul funzionamento complessivo del sistema giudiziario. Da un lato le statistiche indicano in modo impietoso come gli afro americani sono destinatari della pena capitale in una percentuale incoerente con il loro peso nella popolazione americana. Dall'altro la pubblica opinione è colpita dalla frequenza degli errori giudiziari, evidenziata dal tardivo ribaltamento di un numero preoccupante di sentenze (180 negli ultimi 10 anni), anche grazie dall'uso delle moderne tecniche investigative applicate a casi già decisi.

Il paradosso americano della continua lotta tra "l'Io - radicale democratico - con le sue capacità intellettive, emotive, spirituali, e il non Io - conservatore " (A. Gerbi) trova in questa contraddizione una nuova potente conferma. La sintesi fra le due diverse opzioni sta nella tendenza della democrazia americana di esprimere il progresso e la modernità, che viene pagata con le vite di troppi degli ultimi fra i suoi cittadini: dapprima furono schiavi e nativi americani, oggi afro americani e minoranze prive di difesa sociale adeguata. Ma come ha detto Badinter, il processo che porterà all'abolizione ovunque nel mondo della pena di morte, è lento ma inevitabile.

https://www.pewresearch.org/fact-tank/2021/07/19/10-facts-about-the-death-penalty-in-the-u-s/
https://deathpenaltyinfo.org/facts-and-research/dpic-reports/dpic-special-reports/dpic-special-report-the-innocence-epidemic
https://www.amnesty.org/en/latest/press-release/2021/04/death-penalty-in-2020-facts-and-figures/
https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2021/10/08/quarante-ans-apres-la-loi-badinter-quels-pays-pratiquent-encore-la-peine-de-mort_6097657_4355770.html
https://apnews.com/article/us-supreme-court-prisons-executions-oklahoma-oklahoma-attorney-generals-office-6e5eedd1956a38f83db96187651f145c
https://www.heritage.org/crime-and-

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