Nel 2025 come nel 1829 il popolo invade la Casa Bianca ?
Lunedì 20 gennaio Donald Trump per la seconda volta entrerà alla Casa Bianca, da cui era uscito quattro anni fa, senza degnarsi di incontrare il suo successore, che domani rimpiazzerà. Ci si aspettano sorrisi formali di facciata, ma le lotte senza quartiere di corridoio già sono in corso, in particolare dentro il partito repubblicano. La propaganda trumpiana descrive la vittoria di misura di novembre come un plebiscito popolare, paragonando il ritorno di Trump con l'arrivo al potere quasi 200 anni fa del 7° presidente americano, Andrew Jackson. Battuto in una controversa elezione quattro anni prima da John Q. Adams, esponente di una delle famiglie più significative nel ristretto circolo dei Padri Fondatori, Jackson aveva vinto a novembre 1828 con 642.000 voti contro i 500.897 di Adams in un corpo elettorale ancora lontano dal suffragio universale. Questo consentiva al neo presidente Jackson di attribuirsi il ruolo di campione del popolo contro le elites, e di dichiarare l'urgenza di una svolta, tanto che ben prima dell'inaugurazione, il 18 gennaio 1829, aveva già formato nuovo il governo, coordinato dal neo eletto governatore dello stato di New York e futuro presidente, Martin van Buren. La cerimonia di insediamento di Jackson si sarebbe tenuta solo il 4 marzo, per la prima volta all'aperto davanti all'ala est del Campidoglio. La capitale venne effettivamente invasa da migliaia di sostenitori del neo presidente, provenienti da tutta la nazione, il cui entusiasmo andò persino oltre le aspettative del festeggiato. Il presidente uscente John Q. Adams aveva lasciato la Casa Bianca trasferendosi in una casa privata affittata per l'occasione, per non essere implicato nell'insediamento del suo successore. I due durante la campagna elettorale si erano spinti troppo oltre con gli attacchi personali, non escluse pesanti incursioni nella sfera privata, per poter affrontare in modo civile il passaggio di consegne. Jackson arrivò al Campidoglio scortato da una gran massa di persone che seguiva un plotone di soldati in armi e uniforme della rivoluzione. Accolto dal vice presidente John C. Calhoun, Jackson si rivolse subito alla "maestà del popolo" con uno dei discorsi inaugurali più brevi della storia. Le parole e l'impostazione di Jackson suonano alquanto lontane dal tono aggressivo che oggi contraddistingue il neo presidente Trump: "Come strumento della Costituzione federale, mi spetterà per un periodo di tempo stabilito l'esecuzione delle leggi degli Stati Uniti, la supervisione delle loro relazioni estere e confederate, la gestione delle loro entrate, il comando delle loro forze e, tramite comunicazioni alla Legislatura, la vigilanza e la promozione dei loro interessi in generale. E ora è opportuno che io spieghi brevemente i principi di azione con cui mi sforzerò di realizzare questo ciclo di doveri." Due secoli sono passati, e il mondo è cambiato, ma in nessun intervento del fenomeno Trump si può ritrovare questo spirito di servizio che è stato a lungo uno degli elementi di continuità della politica americana. Dopo il giuramento reso nelle mani del Presidente della Corte Suprema John Marshall, la folla ruppe gli argini, e Jackson fu costretto dapprima a entrare nel Campidoglio, e poi a partire in una confusa precipitazione per la Casa Bianca, dove era programmato il ricevimento ufficiale, circondato dal suo popolo in delirio. Fu impossibile controllare l'accesso alla Casa Bianca che venne invasa dalla folla che fece scempio di tappezzerie e vasellame e spazzò via in pochi minuti tutto il buffet preparato per festeggiare il nuovo inquilino. Un gruppo di notabili formò un vero muro a protezione della persona del Presidente, che venne quasi soffocato dalla pressione della folla e fu costretto a tornare ben presto all'albergo (Gadsby) in cui aveva stabilito il suo quartier generale prima dell'inaugurazione. Quelle confuse circostanze avrebbero poi costituito il precedente dell'occupazione della capitale da parte dei sostenitori dell'eletto nel giorno dell'inaugurazione, per cui l'occasione viene definita come "People's day".
La cerimonia che attende Trump presenta almeno tre elementi di forte discontinuità: il neo Presidente arriva all'inaugurazione con l'etichetta di pregiudicato confermata dalla recente sentenza contro di lui nel processo Stormy Daniels. Le bandiere saranno a mezz'asta, a seguito dei 30 giorni di lutto nazionale decretati da Joe Biden per la morte di J. Carter. Il freddo e la neve impediranno che la cerimonia si svolga all'aperto, rendendo difficoltosa anche la circolazione dei sostenitori fuori dalla pur efficiente metropolitana della capitale. I cronisti di "Politico" hanno parlato di vittoria della gerontocrazia: oltre al Presidente entrante di 78 anni e all'uscente di 81 anni, molti altri membri dell'elite avrebbero rischiato il congelamento. E questa volta non ci saranno tormentoni per i guanti di Bernie Sanders.
Ma a fare da stridente contrasto con la definizione di "People's day" c'è l'elemento che ha sino ad ggi caratterizzato l'avvio del secondo mandato di Trump: la presenza di personalità al governo e nel circolo magico alla Casa Bianca, da Elon Musk a Peter Thiel e Rupert Murdoch, che tutto possono essere definiti tranne che "popolo". Quell'oligarchia citata da Biden nel suo ultimo discorso ufficiale, e che al momento sembra essere avviata a condizionare e snaturare anche il populismo ufficiale che caratterizza la retorica trumpiana.