Primarie verso le elezioni del 2024: partito democratico (2)
Il Partito Democratico arriva alle elezioni del 2024 con Joe Biden alla Casa Bianca, e tradizionalmente il presidente uscente è considerato sempre favorito. Solo in 11 occasioni un presidente uscente è stato sconfitto dopo essersi ricandidato:
• 1800 - John Adams: nel 1800, perse contro Thomas Jefferson, quindi lasciò Washington nella notte, senza opporsi al risultato, con il primo trasferimento pacifico del potere;
• 1824 - John Quincy Adams: nel 1820 Andrew Jackson aveva vinto il voto popolare, ma non i delegati, quindi la Camera dei Rappresentanti dichiarò eletto Adams, che venne sconfitto quattro anni dopo dallo stesso Jackson;
• 1840 - Martin Van Buren: perse disastrosamente contro William H. Harrison, con 240 voti elettorali contro 60; .
• 1888 - 1892 Grover Cleveland e Benjamin Harrison si affrontarono in due successive elezioni; nella prima l'uscente Cleveland perse la rielezione a favore di Harrison. Quattro anni dopo, Cleveland tornò alla presidenza dopo aver sconfitto lo stesso Harrison.
• 1912 - William H.Taft: mancò la rielezione a causa della candidatura di Theodore Roosevelt che divise il campo conservatore, facilitando la vittoria di Woodrow Wilson;
• 1932 Herbert Hoover: nell'anno in cui la Grande Depressione colpiva più forte negli USA, Franklin D. Roosevelt sconfisse l'uscente Hoover con un divario di oltre 7 milioni di voti;
• 1976 - Gerald Ford: James E. Carter profittà dell'ondata di indignazone che percorse gli Stati Uniti, battendo Gerald Ford, vice di Nixon che era subentrato dopo il Watergate, nel 1976; .
• 1980 - Jimmy Carter: i quattro anni del mite e spirituale georgiano, e la crisi in Iran dove la forza americana sembrò indebolita, aprirono la strada per Ronald Reagan;
• 1992 - George H.W. Bush: eletto dopo essere stato vice di Reagan, venne battuto da Bill Clinton; Bush ammise la sconfitta, dicendo "il popolo ha parlato", e solo anni dopo si seppe che aveva lasciato sulla scrivania dello studio ovale una nobile lettera per il suo avversario;
• 2020 - Donald Trump: è storia di ieri la vittoria di Biden, e la reazione di Trump che negò la sconfitta e sdegnosamete rifiutò di partecipare alla cerimonia di insediamento del suo successore, dopo avere agito al limite dell'insurrenzione, o forse oltre.
I democratici puntano sulla statistica, mentre i repubblicani citano volentieri il precedente di Cleveland, unico nella storia a tornare alla Casa Bianca per un secondo mandato non consecutivo.
Certo nella preparazione delle primarie il campo democratico è molto meno vivace dell'avversario, e l'attenzione è monopolizzata dalla salute del Presidente, più che dalle candidature.
Due soli esponenti di spicco hanno dichiarato la loro candidatura, Robert F. Kennedy Jr. e Marianne Williamson. Dal 1960 è la quarto volta che un esponente della famiglia Kennedy presenta la sua candidatura. I tre precedenti sono finiti tutti in modo drammatico, con la fucilata multipla di Dallas che uccise John, la rivoltella di Los Angeles che uccise Robert, padre dell'attuale candidato, e il dramma di Chappaquiddick che nel 1969 spense per sempre le possibilità di Ted. Non sembrano molte le possibilità di Robert, che interpreta un'ala ormai minoritaria del Partito Democratico. Libertario, anti establishment, negazionista su Covid e cambiamento climatico, Kennedy sembra essere un candidato che piace solo agli elettori repubblicani. Neanche la candidatura di Marianne Williamson sembra poter resistere sino alla prossima estate. La sessantenne nata in texas e vissuta in California, si è fatta conoscere per i libri scritti (il primo, A Course in Miracles) e l'attività sociale in favore degli svantaggiati (Project Angel Food - Peace Alliance). Ospite abituale di shows televisivi come Oprah Winfrey Show, Good Morning America, e Real Time Bill Maher, non riuscì a conquistare nel 2014 un seggio parlamentare. Ciò non ostante nel 2020 dichiarò la candidatura presidenziale sin dal gennaio 2019, per poi abbandonare la corsa un anno dopo dopo i primi risultati negativi nel New England. Malgrado un programma moderatamente progressista che può piacere a molti giovani e ad una maggioranza di donne, la sua candidatura appare estremamente debole,
Tutta l'attenzione si concentra quindi su Joe Biden: nato nel novembre 1942, avrà 82 anni al momento delle prossime elezioni. Dopo aver patito drammi familiari che avrebbero distrutto la fiducia di chiunque, si presenta ancora come il campione della classe media americana che guarda al presente senza pregiudizi e al futuro con speranza attiva. Il suo probabile avversario, lo stesso Trump battuto nel 2020, ha gioco facile nel dire di Biden che "il suo stato di salute mentale è persino peggiore del suo stato di salute fisica". Anche in questo il pittoresco ex presidente coglie il vento dell'opinione pubblica, visto che 2 americani su 3 hanno dubbi sullo stato di salute del Presidente. Il precedente noto del secolo scorso riguarda Franklin D. Roosevelt: colpito da poliomielite nel 1921, continuò la carriere politica sino alla presidenza raggiunta nel 1932. Le immagini del suo deficit furono poche in un'epoca dominata dalla radio, cosa che sarebbe impossibile oggi. Il 27 giugno 1936 nel arrivando ad una manifestazione elettorale al Franklin Field di Philadephia, Roosevelt cadde rovinosamente a terra sotto la pressione della folla, e i supporti ortropedici che lo tenevano dritto si ruppero, senza che ciò gli impedisse di portare a termine la lettura del suo discorso. Giunse ad "apparire sofferente, emaciato e con lo sguardo spento" anche quando "sembrava che non potesse reggersi in piedi né caminare" (R. Sherwood). Lungi dal diminuire la popolarità del Presidente "la sua infermità era di incoraggiamento per molti" (A. M. Schlesinger jr). Come detto, tutto questo va interpretato diversamente nell'epoca dell'immagine diffusa via internet, che raggiunge milioni di persone senza alcuna intermediazione giornalistica. Biden è stato ripetutamente dileggiato per le sue defaillances fisiche, e per il suo stato generale di ottuagenario ben conservato. La Casa Bianca informa regolarmente la stampa sul fatto che il Presidente é perfettamente "fit for duty", ma i dubbi restano, e resta nelle mani degli avversari un'arma mediatica potente.
Fra un anno a Chicago il Partito Democratico deciderà se confermare il suo appoggio al presidente uscente, e quindi la vera incognita è se Biden riuscirà non solo a fare dimenticare la sua età, ma anche a rinnovare la coalizione fra progressisti e moderati che l'ha portato al potere, proprio come una colalizione consentì a Rosevelt tre rielezioni. Nel 1936 Roosevelt ottenne "un'ondata di voti non democratici, proveniente da settori tradizionalmente non democratici" (A. M. Schlesinger jr). Allora le chiavi del successo furono "il sud, le macchine elettorali cittadine gli immigrati, i neri, gli intellettuali e....alla base di tutto, il lavoro". Quello che serve al Partito Democratico, oggi come allora, è ottenere la fiducia di tutto il campo progressista ed allo stesso tempo attrarre voti dal campo avversario. In questo senso va interpretata anche la sfida lanciata dal governatore della California Gavin Newsome al candidato repubblicano e governatore della Florida, Ron De Santis (v. blog del 30 luglio 2023). Newsome non è al momento considerato in lizza per la nomination democratica, ma potrebbe essere nel 2024 candidato alla vice presidenza con Biden, e, comunque vadano le cose il prossimo anno, il candidato nmaturale del partito nel 2028. La versa sfida di Biden sta nel raccogliere forze anche moderate entro una nuova coalizione, per ripetere il miracolo del 2020 e battere un avversario più forte per capacità mediatica e forza finanziaria,
https://thehill.com/homenews/campaign/
https://www.breitbart.com/politics/2023/08/04/exclusive-video-trump-on-bidens-health-mental-worse-than-physical/