Trump processato: e gli altri 246 ?
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Trump processato: e gli altri 246 ?

Donald Trump è stato sottoposto a un processo teso a escluderlo da ogni futura carica elettiva per avere incitato i suoi sostenitori ad attaccare con la violenza il Congresso degli Stati Uniti. Proprio fra i suoi simpatizzanti ci sono però due categorie che possono essere perseguiti per i fatti del 6 gennaio scorso: gli 11 oratori che hanno preceduto Trump nell'arringare la folla davanti alla Casa Bianca, ed i 235 arrestati, che sono finiti o finiranno presto davanti a un giudice federale per rispondere dei numerosi reati commessi irrompendo nell'aula del Campidoglio.

Gli oratori che hanno preceduto Trump prima che la massa si lanciasse contro il Campidoglio, si sono in gran parte giustificati, invocando improbabili malintesi nell'interpretazione delle loro parole, chiamando in causa i liberal che si sarebbero infiltrati nella manifestazione dei "patrioti", e comunque asserendo di aver parlato sotto la copertura del Primo emendamento che assicura la libertà di esprimere le proprie opinioni. Il dibattito sui limiti della libertà di parola non è nuovo, e anche in questo caso è arrivato a porre l'interrogativo se il Primo Emendamento possa coprire qualsiasi incitamento a qualsiasi violenza.

Analizzando la personalità degli intervenuti e le parole da loro pronunciate il 6 gennaio scorso, si entra immediatamente nel merito della questione, nel mondo della violenza, un mondo che comunica con un linguaggio piuttosto lontano dal forbito inglese in uso alla Camera dei Lords, o al Senato degli Stati Uniti.

1. Mo Brooks
Il rappresentante Repubblicano Mo Brooks dell'Alabama è stato uno dei due membri del Congresso a salire sul palco, dove ha esortato i "patrioti americani" a "iniziare a prendere i nomi e a prendere a calci in culo" i nemici di Trump. Indossando un cappello rosso con la scritta "Fire Pelosi", ha denunciato i democratici come "socialisti" e i repubblicani moderati come "gente dalle ginocchia deboli", avvertendo che "noi patrioti americani stiamo andando proprio contro di loro". La domanda è: se poi qualcuno degli astanti comincia a "dare calci nel culo" il Primo emendamento protegge chi aveva proferito le parole incendiarie, oppure si stabilisce un nesso che in diritto si chiama "complicità" ?
Due democratici alla Camera, Tom Malinowski del New Jersey e Debbie Wasserman Schultz della Florida, hanno presentato una mozione per censurare Brooks. Che ha rifiutato di scusarsi e anzi ha risposto con una lunga dichiarazione in cui ha affermato di essere soggetto a una censura orwelliana.

2. Madison Cawthorn

Il secondo membro del Congresso a parlare alla manifestazione, Madison Cawthorn, ha esortato la folla a rendere i propri rappresentanti "responsabili" se non avessero votato per contestare i risultati delle elezioni. Il più giovane deputato della legislatura, enfant prodige della destra, ha detto che molti dei suoi colleghi "non hanno spina dorsale" per affrontare Trump, e ha definito "il futuro del Partito Repubblicano" la folla, che poi avrebbe attaccato il Congresso. Considerando che il deputato è costretto su una sedia a rotelle a causa di un incidente stradale, solo lui poteva permettersi questa espressione senza suscitare un'ondata di polemiche. Poi ha aggiunto: "Il coraggio che vedo in questa folla non è rappresentato su quella collina", e ancora "amici miei, vi dirò subito che sta sorgendo un nuovo Partito Repubblicano".

Dopo l'insurrezione, Cawthorn ha cambiato rotta e ha denunciato i rivoltosi come "spregevoli". Ma ancora non si è pentito della sua apparizione alla manifestazione, sostenendo un'intervista su "The Carlos Watson Show", che le violenze sono state organizzate da liberal travestiti. I leader democratici del suo distretto della Carolina del Nord hanno richiesto al presidente della Camera Nancy Pelosi di espellerlo dal Congresso, ma Cawthorn ha respinto ogni responsabilità per le violenze al Campidoglio.

3.Vernon Jones
Jones è stato uno dei rari democratici nell'aprile 2020 ad appoggiare Trump in vista delle elezioni presidenziali, senza dimettersi inizialmente dalla legislatura georgiana. Jones si è quindi ritirato dalle primarie democratiche del 9 giugno nel suo distretto e ha lasciato la legislatura dello stato subito dopo la manifestazione "Stop the Steal". In coerenza con la sua scelta ha sostenuto Trump sino al 6 gennaio e ha twittato "la rivolta è vicina". Alla manifestazione del 6 gennaio ha detto: "Torno a casa al Grand Old Party". Ha poi, ammonito i democratici a non insistere nella sfida a Trump, dicendo che "hanno risvegliato un gigante addormentato" nella base del presidente. Ha ringraziato il CEO di MyPillow e ardente ( e munifico) sostenitore di Trump, Mike Lindell, per averlo guidato lontano da "questi demoni democratici". E per il futuro sostegno alle sue campagne elettorali.

4. Katrina Pierson
L'ex consigliere elettorale di Trump, Katrina Pierson, proveniente dall'area del "Tea Party", ha detto il 6 gennaio: "anche se pensano per un secondo di farla franca oggi, in futuro avranno delle sorprese" e ancora "gli americani difenderanno se stessi e proteggeranno i loro diritti e chiederanno che i politici che eleggono di sostenere quei diritti, oppure li perseguiteranno". Pur avendo chiarito che con "perseguitare" intendeva un boicottaggio contro i traditori alle prossime elezioni, Pierson è finita egualmente sotto accusa per avere tenuto i contatti fra Trump e gli organizzatori del raduno, e  le inchieste in corso mirano a capire se sia arrivata a discutere con questi gli obbiettivi democratici da colpire.

5. Amy Kremer
Un'altra attivista del "Tea party" diventata sostenitrice di Trump, Amy Kremer è stata uno degli organizzatori della manifestazione. Ha moderato il gruppo Facebook "Stop the Steal", creato dall'associazione pro-Trump "Women for America First", che ha invitato i membri a riunirsi a Washington il 6 gennaio. Facebook ha poi chiuso il gruppo per diffusione di disinformazione suscitando la rabbia di Kremer: 'Non ci tireremo indietro. Non andremo via ', e ancora “I repubblicani per anni hanno avuto paura della propria ombra. Piegano la coda e corrono ogni volta che vedono la loro ombra. "
Kremer ha in seguito denunciato i rivoltosi del Campidoglio, ma ha spostato sulla sinistra la colpa delle violenze: "Sfortunatamente, per mesi la sinistra e i media mainstream hanno detto al popolo americano che la violenza era uno strumento politico accettabile".

6. Ken Paxton

Il procuratore generale del Texas Ken Paxton ha detto al pubblico della manifestazione che altri stati, in particolare la Georgia, avrebbero "capitolato" riconoscendo Biden come vincitore. Ha detto che lui invece avrebbe continuato a combattere i risultati delle elezioni, anche se il suo tentativo di citare in giudizio altri stati per le loro elezioni è stato respinto dalla Corte Suprema come privo di "merito giuridico". Dopo i disordini del Campidoglio, Paxton è stato l'unico procuratore generale di uno stato a non firmare la dichiarazione di condanna delle violenze. Ha sì denunciato le rivolte separatamente, ma ha affermato senza prove che la folla era piena di agitatori di sinistra che si mascheravano da sostenitori di Trump. I democratici nella legislatura del Texas hanno chiesto un'indagine sul ruolo di Paxton nelle rivolte. Paxton è anche coinvolto dall'ottobre 2020 in un'inchiesta per corruzione, per la quale il suo stesso staff gli ha chiesto di dimettersi.

7-8) Lara ed Eric Trump - Donald Trump Jr

Contraddicendo la tradizione originalista che rifuggiva come il peggior pericolo la tentazione monarchica, D. Trump ha per quattro anni inserito nella Casa Bianca oltre alla corte di effimeri fedelissimi, anche i familiari più stretti. Gli americani iniziano a rendersi conto di cosa questo abbia significato, visto che la stampa ha commentato maliziosamente il fatto che il reddito di Ivanka Trump e Jared Kushenr sia aumentato del 400% nei quattro anni del mandato del padre e suocero. Gli altri figli di Trump si sono distinti per la loro partecipazione alla kermesse oratoria del 6 gennaio davanti alla Casa Bianca che ha preparato (secondo la difesa) o aizzato (secondo l'accusa) la folla che avrebbe assaltato il Campidoglio. Le immagini di quel disgraziato giorno, mostrano sotto il tendone nei giardini della Casa Bianca i due figli piuttosto su di giri entusiasti per le immagine televisive dell'assalto al Campidoglio. Anche i loro brevi discorsi non erano stati da meno.

Eric e Lara Trump sono saliti sul palco per giurare che la famiglia dell'ex presidente avrebbe continuato nella "lotta" ben oltre il 2020. Quando Lara ha chiesto cosa voleva suo marito per il suo 37 ° compleanno, Eric ha detto che voleva che i repubblicani al Congresso "avessero una spina dorsale" e sostenessero le sfide elettorali dell'ex presidente. “Ha più capacità di combattere lui di tutti gli altri messi insieme, e dobbiamo alzarci e marciare sul Campidoglio oggi. Dobbiamo difendere questo paese e difendere ciò che è giusto ", ha detto Eric Trump. E ancora 'Abbiate un po' di spina dorsale, mostrate di saper lottare, imparate da Donald Trump' "La nostra famiglia non ha preso parte a questa lotta per soli quattro anni. Siamo in questa lotta fino alla fine. Riprendiamo il nostro paese, ok? ".

Donald Trump Jr, il figlio primogenito dell'ex presidente, ha pungolato i repubblicani al Congresso perché rovesciassero i risultati elettorali, dicendo che il voto era un'opportunità per essere "uno zero o un eroe", un "amico o nemico". E per chi avesse esitato pronta è scattata la minaccia ai repubblicani: "Sarò nel tuo cortile tra un paio di mesi" se non voterai per Trump. Dimostrando scarsa preveggenza e ancor minore acume politico, Donald jr si è poi lanciato in un attacco ai manifestanti contro il razzismo dell'estate (Balck lives matters), violenti, mentre i sostenitori di si erano radunati quel giorno non avrebbero "demolito le chiese" né "saccheggiato". Smentito in meno di un'ora dai fatti.

A parte l'ipotesi dell'ereditarietà, che in politica in genere riguarda solo monarchi e tiranni, non è chiaro a che titolo parlassero i figli dell'ex Presidente.

9. Kimberly Guilfoyle

Ex conduttrice di Fox News e specialista nella raccolta di fondi per le campagne di Trump, Guilfoyle ha promesso che avrebbe "continuato a tenere la linea" per Trump e ha promesso di non "permettere ai liberali e ai democratici di rubare il nostro sogno o rubare le nostre elezioni". La performance oratoria rimanda alla sua apparizione alla Convention Nazionale Repubblicana dello scorso anno, quando Guilfoyle disse che "il meglio deve ancora venire". Ha ripetuto quel messaggio dal palco affermando che Trump avrebbe "continuato a salvare l'America".

10. Rudolph Giuliani

Non c'è bisogno di presentare R. Giuliani nè di ripetere il suo curriculum di campione della destra reazionaria e di fedelissimo di D. Trump. A lui va ascritta una delle battute più citate della manifestazione del 6 gennaio: dopo aver insistito sulla legalità di tutto ciò che lui e la sua squadra stavano facendo per minare i risultati delle elezioni, Giuliani ha dichiarato: "Adesso andiamo a combattere". Esattamente come Trump che ha nascosto la mano dopo aver gettato il sasso, dopo essere stato accusato di aver usato un linguaggio bellicoso, Giuliani ha furbescamente sostenuto che il suo era solo un riferimento alla serie televisiva "Game of Thrones", che ha definito un "documentario" sull'Inghilterra medievale. Ha anche negato che Trump avesse alcuna responsabilità per i disordini del Campidoglio e ha ripetuto il falsa affermazione che dietro l'attacco ci fossero antifa o altri di sinistra. Non vale la pena di prendersela troppo con Giuliani, che già deve fare fronte a due citazioni civili per diffamazione con richieste dell'ordine delle decine di milioni dollari, per le sue affermazioni sconsiderate sulle società coinvolte nella gestione del meccanismo elettorale, da lui accusate di aver manipolato le elezioni del 2020. E ad un'inchiestaper violazione dell'etia professionale da parte dell'ordine forense di New York.

11. John Eastman

Al seguito di Giuliani è arrivato sul palco John Eastman, un oscuro professore di legge alla Chapman University, non esattamente Ivy League. Senza troppo trasporto oratorio Eastman, cappellone da cow boy calato sugli occhi,  ha riproposto in dettaglio le varie teorie complottiste che stanno dietro ai ricorsi su risultati delle elezioni. È stato l'ultimo oratore prima di Trump, che ha introdotto dicendo "Tutto questo è più grande del presidente Trump. È l'essenza stessa della nostra forma di governo repubblicana...e chiunque non sia disposto a resistere per farlo non merita di essere mantenuto in un pubblico ufficio. È semplice". Non è chiaro se Trump abbia gradito questa sottovalutazione del suo ruolo. Di certo il discorso di Eastman non è stato gradito da studenti e docenti della Chapman che hanno chiesto il licenziamento del professore, per il ruolo avuto nella manifestazione del 6 gennaio. Prima che la cosa venisse discussa, Eastman si è prudentemente dimesso, anche se ha detto di averlo fatto con "sentimenti contrastanti". Il presidente dell'università, Daniele Struppa, ha detto che la sua partenza ha posto fine a un "capitolo impegnativo per Chapman".

Si deve peraltro concordare sul concetto di semplicità evocato dal professor Eastman: se l'uomo più potente degli Stati Uniti si presenta davanti a una folla urlante, urlando forte e chiaro "andate al Congresso e combattete", e quelle persone vanno al Congresso e combattono, illegalmente, il primo  è il mandante dei secondi. E' semplice.

La stessa semplicità del resto si ritrova nelle numerose cause già radicate nei più remoti angoli d'America contro i "patrioti" identificati durante il saccheggio del Campidoglio o individuati successivamente grazie alle numerose immagini.

Secondo uno studio condotto da Robert A. Pape, e Keven Ruby del Chicago Project on Security and Threats presso la University of Chicago, al 5 febbraio 2012 le autorità hanno identificato 235 dei circa 1.000 rivoltosi che hanno partecipato all'assalto al congresso. Di questi 193 sono stati accusati di essere entrati illegalmente nel Campidoglio. I profili di questi accusati, che sono ancora solo dei sospetti, sono stati confrontati, dal gruppo accademico, con i dati demografici di 108 persone arrestate dall'FBI e dalle forze dell'ordine per violenze legate a cause politiche di destra dal 2015 al 2020. I ricercatori hanno analizzato tutti i documenti disponibili nei tribunali relativi a ciascun arresto, alle denunce penali, testimonianze e dichiarazioni giurate, e ha condotto ricerche sulla copertura mediatica di ciascun arrestato. Traendo quattro conclusioni:

a) l'attacco al Campidoglio è stato inequivocabilmente un atto di violenza politica, non solo un esercizio di vandalismo o sconfinamento di una protesta sfuggita al controllo. La ragione principale dell'azione, citata ripetutamente nei documenti del tribunale, era che gli arrestati stavano seguendo le indicazioni di Trump di impedire al Congresso di certificare Joe Biden come vincitore delle elezioni presidenziali.

b) la grande maggioranza dei sospettati nella rivolta del Campidoglio non ha alcun collegamento con le milizie di estrema destra esistenti, le bande nazionaliste bianche o altre organizzazioni violente organizzate. I media sono stati tratti in inganno da semplici riferimenti sui social, che esprimevano un'affinità verso un determinato gruppo, ma senza alcun legame reale. Solo 20 degli arrestati del Campidoglio sono risultati effettivamente collegati a gruppi come i Proud Boys. Il ruolo svolto da questi gruppi nella rivolta ha attirato l'attenzione generale, ma l'89% degli arrestati non ha alcuna apparente affiliazione con le organizzazioni note. Collegamenti che invece erano frequenti tra i sospetti estremisti di destra arrestati dopo episodi di violenza mortale dal 2015 al 2020. Di questi, il 26% erano membri di bande nazionaliste bianche (compresi i gruppi skinhead e la Fratellanza ariana) e il 22% faceva parte di milizie e altri gruppi organizzati (come gli Oath Keepers o Custodi del giuramento e i Three Percenters, che presumono di essere una elite discendente dai rivoluzionari anti britannici).

c) il profilo demografico dei sospetti rivoltosi del Campidoglio è diverso da quello dei passati estremisti di destra. L'età media degli arrestati che abbiamo studiato è di 40 anni. Due terzi di loro hanno 35 anni o più e il 40% sono imprenditori o svolgono lavori da colletto bianco. A differenza dello stereotipo dell'estremista, molti dei presunti partecipanti alla rivolta del Campidoglio hanno molto da perdere. Lavorano come amministratori delegati, proprietari di negozi, medici, avvocati, specialisti IT e contabili. Sorprendentemente, gli atti giudiziari indicano che solo il 9 per cento è disoccupato. Dei precedenti sospetti estremisti di estrema destra censiti nello studo, il 61% aveva meno di 35 anni, il 25% era disoccupato e quasi nessuno lavorava come colletto bianco.

d) la maggior parte degli insorti non proveniva da aree a forte maggioranza trumpiana, ma più della metà da contee in cui nel 2020 ha vinto Biden; un sesto proveniva dalle contee vinte da Trump con meno del 60% dei voti.

Ovviamente lo studio va preso con le precauzioni legate a qualsiasi studio statistico: sono state studiate solo le persone arrestate dopo i fatti del 6 gennaio, e le indagini sono ancora a livello iniziale, mentre sugli arrestati dal 2015 le inchieste sono arrivate dopo a provare l'affiliazioni alle milizie.

L'indicazione che emerge, e che va ricordata in futuro, è che in quest'area magmatica della politica americana non ci sono solo le fanatiche organizzazioni di destra, ma si è costituito un movimento politico di massa, che crede nella violenza come atto politico. Non sarà facile prevenire ulteriori violenze da quest'area, senza pervenire ad una comprensione più profonda delle sue attività e dei partecipanti.

Le risposte politiche a fenomeni di questo tipo, non possono essere né paternalistiche, come l'aumento dell'occupazione per calmare gli animi, né fatalistiche, come pazientare in attesa il tempo lenisca le ferite. Non è così che sarà possibile calmare gli insorti di mezza età e della classe media. E colpire le organizzazioni di estrema destra consolidate, laddove sia opportuno e giustificato secondo la legge, non distoglierà i rivoltosi del Campidoglio dalla tentazione di conquistare il potere con la forza.

La visione è confermata da uno studio della Oklahoma University che ha rilevato fra gli estremisti una maggioranza del 60 %, di bianchi, cristiani e maschi. Circa la metà poi è in pensione, ha più di 65 anni e guadagna almeno $ 50.000 all'anno. Infine, circa il 30% ha almeno una laurea. Più che un gruppo di estremisti trasversale alla società, per la prima volta sembra delinearsi una vera e propria frattura di classe, sempre evitata negli Stati Uniti grazie alla elevata mobilità sociale. Per di più fra 85% e 95% dei sostenitori di Trump crede che Antifa - il gruppo di protesta di sinistra - abbia una responsabilità per la rivolta di gennaio.

Mentre nei tribunali molti avvocati difensori giustificano gli accusati con la tesi dell'ubbidienza al capo supremo della nazione, un solo accusato, Trump stesso, è stato posto davanti alla sua giuria naturale, quella del Senato. La  sua assoluzione da parte dei senatori/giurati è stata strettamente politica, e collegata alla dinamica interna al Partito Repubblicano ostaggio di D. Trump. Con scarso o nessun legame con la realtà dei fatti. E gli Stati Uniti, come ha scritto Thomas B. Edsall, rischiano a questo punto di restare prigionieri della minoranza, violenta e aggressiva, del Partito Repubblicano.

Materiali

https://www.politico.com/news/2021/02/10/trump-impeachement-stop-the-steal-speakers-467554

https://www.nytimes.com/2021/02/10/opinion/democracy-qanon.html

https://www.nytimes.com/2021/01/11/us/politics/capitol-riot-justice-department-investigation.html#:~:text=Federal prosecutors have charged more,the rampage by his supporters.

https://usatoday.com/storytelling/capitol-riot-mob-arrests/

https://www.theatlantic.com/ideas/archive/2021/02/the-capitol-rioters-arent-like-other-extremists/617895/

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