USA: Congresso e Governo uniti contro le aziende "Big Tech"
Nuova accelerazione nella controversia fra autorità federali americane e grandi piattaforme digitali: il 9 marzo la Commissione giudiziaria della Camera dei Rappresentanti ha inviato al Dipartimento di Giustizia una relazione / denuncia in cui accusa di "condotta potenzialmente criminale" i maggiori dirigenti di Amazon, nel corso dell'indagine condotta a proposito dello stato della concorrenza nei mercati digitali.
Secondo il presidente della commissione, il democratico Jerrold Nadler , Amazon non solo seguirebbe "modelli e pratiche" ingannevoli, ma tiene tali comportamenti in esecuzione di deliberate azioni volte ad influenzare, ostacolare o impedire l'attività della Commissione". Si tratta di un'accusa molto grave che nella storia parlamentare americana è il preludio all'apertura di un'azione più incisiva da parte del governo federale. Secondo fonti della commissione la grave denuncia è proporzionale all'aumento di false dichiarazioni rilasciate dagli uomini di Amazon ascoltati nel corso dei 16 mesi di indagine parlamentare sulla concorrenza nei mercati digitali.
In particolare nella lunga relazione trasmessa al procuratore Generale M. Garland si fa riferimento alla testimonianza giurata fatta nel 2019 su uno dei punti cruciali dell'inchiesta; l'utilizzo da parte di Amazon dei dati raccolti presso fornitori di servizi e terze parti intermediarie, al fine di limitare la concorrenza. Gli elementi di fatto raccolti dalla Commissione avrebbero dimostrato questo tipo di pratica, che era continuata nonostante il diniego di Amazon. Successivamente la società avrebbe cercato di rimediare offrendo spiegazioni differenti e contraddittorie sulle sue strategie commerciali e operative, per poi cercare di cancellare le prove del proprio comportamento. Insieme ad Amazon, anche Apple, Facebook e Google sono accusate di pratiche monopolistiche di intralcio alla concorrenza.
La relazione è stata presentata con un accordo bipartisan fra Democratici e Repubblicani, che intendono insieme proporre nuove regolamentazioni onde impedire a Big Tech di usare la propria forza per sbarrare l'offerta di servizi indipendenti sulle grandi piattaforme digitali. La Commissione sin dal 2019, ha messo nel mirino l'utilizzo illecito da parte dei proprietari delle piattaforme dei dati personali degli utilizzatori forniti da terze parti, indispensabili per accedere alle piattaforme stesse. Nel mese di ottobre 2021, è la Commissione ha sollecitato direttamente il CEO di Amazon, Andy Jassy, perché producesse eventuali "prove a discarico" che supportassero le affermazioni fatte nel corso delle audizioni dai dirigenti ed azionisti della società sull'argomento.
Secondo la Commissione "Amazon e i suoi dirigenti devono essere ritenuti responsabili di questo comportamento". In questo il potere legislativo si trova in totale sintonia con l'esecutivo, da quando l'amministrazione Biden ha mostrato di voler irrigidire la regolamentazione del settore, anche con la nomina di Lina Khan e Jonathan Kanter, come responsabili del controllo sulla concorrenza digitale, rispettivamente alla Federal Trade Commission ed al Dipartimento di Giustizia.
La Commissione richiede esplicitamente di collegare i risultati dell'indagine parlamentare all'azione coordinata del Dipartimento della Giustizia e di numerosi procuratori statali che hanno già aperto inchieste formali contro le società Big Tech per ostacolo alla giustizia e violazione delle leggi federali sulla concorrenza.
Amazon, il cui fondatore Jeff Bezos, è proprietario del Washington Post che per primo ha annunciato la notizia, nega che la società abbia in alcun modo ostacolato l'attività della commissione, escludendo che esistano basi concrete per le gravi accuse, citando il volume di informazioni fornito in leale collaborazione con l'indagine parlamentare. Le grandi piattaforme sono da tempo riunite per azioni lecite di lobbyng, che hanno ricevuto recentemente il supposto di altre società (Uber, Lyft, DoorDash, GoPuff, Grubhub, HopSkipDrive, Instacart) riunite in una nuova associazione di categoria (Flex) che rivendica la funzione sociale dell'attività dei soci, nel tentativo di arginare i progetti di regolamentazione del governo.
Non sembra casuale che in queste settimane sia riemersa l'accusa rivolta al Governo Federale, e al Dipartimento per la sicurezza interna (DHS), di avere ottenuto dalle piattaforme i dati relativi alle transazioni finanziarie di milioni di privati cittadini senza alcun mandato, con un'operazione di sorveglianza segreta. Le piattaforme sembrano ammonire il governo a non dimenticare che la loro collaborazione è necessaria per esercitare la vigilanza sulla sicurezza nazionale.
Questa svolta arriva in concomitanza con l'annuncio del 11 marzo delle autorità garanti della concorrenza della Commissione Europea, nella persona della vicepresidente esecutiva Margrethe Vestager, e del Regno Unito, che hanno ha aperto venerdì due indagini gemelle su un accordo pubblicitario tra Meta e Google, chiamato "Jedi Blue", che prevede la partecipazione dell'Audience Network di Meta al programma Open Bidding di Google. Secondo l'ipotesi investigativa, l'accordo è stato siglato esclusivamente per escludere i servizi di tecnologia pubblicitaria concorrenti con il programma Open Bidding di Google e restringere la concorrenza nel mercato della pubblicità online. Ogni strumento tecnologico concorrente dell'Open Bidding di Google sarebbe escluso dall'operatività delle due piattaforme, con l'intento dichiarato escludere dal mercato ogni altro editore o produttore di contenuti.
La sintonia fra le diverse autorità non significa che le grandi piattaforme siano pronte a rinunciare alla loro strategia di controllo del mercato, ma indica con chiarezza che c'è una unità di intenti nuova fra le due sponde dell'Oceano sul modo in cui accompagnare l'evoluzione del mercato digitale, che rappresenta ormai il principale strumento di comunicazione di ogni settore industriale e commerciale.