Prove tecniche di maggioranza conservatrice alla Corte Suprema
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Prove tecniche di maggioranza conservatrice alla Corte Suprema

L'attività della Corte Suprema nei primi mesi dell'anno era attesa per verificare se la composizione della Corte dopo le nomine conservatrici della presidenza Trump, abbiano davvero innescato un processo di lungo periodo, in grado di cambiare la società americana.

Malgrado la conclamata politica del Chief Justice John G. Roberts, Jr. di separare nettamente scelte politiche e scelte giudiziarie, alcune sentenze pubblicate dalla Corte fra Febbraio e Marzo sembrano confermare un più marcato orientamento conservatore in materia di diritti civili e immigrazione.

La prima sentenza nel caso Pereida vs Wilkinson ( 19-438 )riguarda l'espulsione di un immigrato in base ad una legge ambigua che finisce omologare ai crimini sessuali le infrazioni amministrative. Clemente Pereida è entrato negli Stati Uniti senza autorizzazione 25 anni fa. Ha moglie e tre figli, uno dei quali è cittadino statunitense e un altro beneficiario del programma Deferred Action for Childhood Arrivals, noto come DACA. Per ottenere un impiego presso un'impresa di pulizie, Pereida avrebbe presentato una falsa tessera di previdenza sociale. Successivamente è stato condannato a una multa di $ 100, senza reclusione, per aver tentato di commettere il crimine etichettato nel Nebraska come "rappresentazione criminale".

Gli immigrati, come Pereida, che hanno una lunga storia negli Stati Uniti e cittadini statunitensi stretti o familiari residenti permanenti legittimi possono richiedere, secondo la legge, il beneficio dell'esclusione dalla deportazione a causa della situazione difficile in cui l'espulsione precipiterebbe la famiglia. Questo beneficio, tuttavia, non è concesso a chi sia stato condannati per un "crimine abbietto" ai sensi della sezione dell'Immigration and Nationality Act.

Lo stato del Nebraska, e i funzionari dell'immigrazione che hanno esaminato la sua posizione, hanno concluso che la condanna di Pereida riguardava un crimine abbietto, perché la legge sul furto d'identità penale del Nebraska include diversi reati, dei quali alcuni configurano la "turpitudine morale". Il governo ha sostenuto che l'onere legale della prova imposto all'immigrato,  si applica alla disposizione che copre i crimini interdittivi, e poiché Pereida non poteva dimostrare di non essere stato condannato per un crimine di turpitudine morale, non era ammissibile per il beneficio, e doveva essere espulso.  L'ufficio dell'immigrazione e i giudici dell'ottavo circuito hanno confermato il provvedimento di espulsione, negando la richiesta di Pereida di distinguere l'infrazione da lui commessa dai reati che prevedono la massima sanzione. La Corte Suprema ha confermato le decisioni dei gradi inferiori, motivando la sua decisione: lo straniero che cerca di annullare un ordine di allontanamento legale ha l'onere di dimostrare di non essere stato condannato per un reato interdittivo. Non avendo adempiuto l'onere, anche se è stato condannato in base a una legge che elenca più reati, alcuni dei quali sono squalificanti, secondo la Corte Suprema, spetta ai giudici determinare quale dei reati un individuo ha commesso impiegando un approccio categorico "modificato", rivedendo i precedenti del soggetto per identificare l'ipotesi di reato implicata nella condanna dell'imputato. Per la Corte Suprema il principio è che "nello stesso modo in cui le lacune probatorie operano contro l'accusa nei casi penali che ne sostiene l'onere, così operano contro lo straniero che richiede il beneficio dell'annullamento di un ordine di allontanamento legale".

Motivazione assai poco soddisfacente per una decisione dal sapore vagamente politico: proprio invocando il ben diverso principio penale del "favor rei" la Corte pretende di rovesciarlo come "favor" per l'accusa, contro qualunque principio di legittimità giuridica e di equità fra le parti in relazione alla loro forza processuale. Pur avendo scritto il Giudice Gerusch nell'opinione di maggioranza che "questa Corte non è certo la sede adatta per scegliere tra argomenti politici concorrenti", la decisione è eminentemente politica. Il ricorso andava respinto per  non aprire una pericolosa crepa nel muro della normativa anti immigrazione, in particolare negli stati ultra conservatori, e i giudici di Washington si sono assunti la responsabilità di una decisione legalmente controversa e politicamente militante per proteggere non tanto i cittadini di quegli stati, ma i governanti conservatori.

La seconda sentenza, United States Fish and Wildlife Service vs Sierra Club (19-547), riguarda il diritto di accesso agli atti nel procedimento amministrativo, uno dei capi saldi della normativa sui diritti dei cittadini, inopinatamente considerata una norma "liberal" mentre si trae origine dalla tradizione americana della parità del cittadino con la stato in ogni fase dei loro rapporti. E l'oggetto del contendere riguardava proprio il diritto di accesso entro le fasi del processo amministrativo: l'agenzia per l'ambiente ( Environmental Protection Agency - EPA) stava predisponendo un regolamento delle prese dell'acqua di raffreddamento per evitare che la fauna acquatica vi restasse intrappolata. EPA consultato il Fish and Wildlife Service e il National Marine Fisheries Service, e ha modificato di conseguenza la sua proposta di regolamento, Dopo tre anni l'EPA ha prodotto un regolamento che differiva in modo significativo dalla versione precedente senza che i due servizi competenti menzionati obbiettassero nulla.

Sierra Club, un'associazione ambientalista, ha presentato richiesta in base al Freedom of Information Act, di poter consultare i documenti relativi al procedimento amministrativo, ma EPA e le altre agenzie hanno respinto la richiesta invocando il privilegio del processo deliberativo, che rende esenti dall'obbligo di divulgazione, bozze e pareri prodotti nelle fasi intermedie dell'elaborazione normativa. I giudici del Nono Circuito hanno ritenuto che i progetti intermedi e le bozze non fossero da considerare protetti da privilegio, e EPA ha fatto ricorso alla Corte Suprema.

La Corte ha smontato la sentenza dei giudici di merito, affermando che il privilegio del processo deliberativo protegge dalla divulgazione di bozze e documenti pre-decisionali e deliberativi, anche se le bozze riflettono le ultime opinioni delle agenzie su una proposta; secondo i giudici,  ratio del principio sarebbe di incoraggiare la trasparenza e attenuare gli effetti potenzialmente distorsivi della pubblicazione intempestiva di documenti formati nelle fasi intermedie del procedimento. Secondo la corte se così non fosse, cadrebbe la distinzione tra documenti pre-decisionali e deliberativi, e quindi il privilegio stesso. Il privilegio protegge le bozze dei perché queste riflettono una visione preliminare, non una decisione finale, sono soggette a modifiche e generalmente, come nel caso Fish Service, non hanno conseguenze legali dirette.

Anche in questo caso la tautologia utilizzata per sostenere la facoltà di respingere richieste di accesso agli atti sembra avere scarse motivazioni legali, ma una precisa configurazione politica. Se da un lato la logica del Freedom of Information Act è proprio quella di porre il cittadino al pari del governo nel valutare documenti e altre prove in relazione a provvedimenti legislativi e amministrativi, la Corte stabilisce fra di essi  una gerarchia di cui non si ravvede alcuna giustificazione costituzionale. Non è nelle intenzioni dei Framers, nè dei legislatori successivi, stabilire una primazia di governo e amministrazione,  che in tal modo possono operare senza rendere conto delle loro decisioni nel momento in cui le prendono.

Nella sentenza sul caso Uzuegbunam vs  Preczewski (19-968) il giudice Clarence Thomas ha scritto l'opinione di maggioranza pubblicata il 8 marzo. Lo studente del Georgia Gwinnett College, Uzuegbunam, svolgeva attività di proselitismo e distribuito letteratura religiosa nel campus. La politica dell'università prevede il divieto di distribuire materiale religioso al di fuori di due aree designate a tale scopo, con un apposito permesso. Uzuegbunam ha ottenuto un permesso e ha cercato di parlare in una zona di libertà di parola. La polizia del campus gli ingiunto di smettere la sua attività, facendo leva su lamentele ricevute da altri studenti, che hanno chiesto provvedimenti restrittivi e un risarcimento per danni. L'Undicesimo Circuito ha ritenuto che la richiesta di risarcimento danni degli studenti non potesse essere accolta, e la Corte Suprema ha ribaltato tale verdetto. Una richiesta di risarcimento danni, secondo la Corte, soddisfa l'elemento di riparazione necessario per la validità dell'articolo III della Costituzione, laddove la richiesta si basa su una violazione completa di un diritto legale. Inoltre la Corte ha dedotto in base al diritto comune, che la parte i cui diritti sono stati violati può recuperare i danni senza fornire la prova dei danni effettivi (c. d. danni nominali), anche se la richiesta non sia puramente simbolica.  Oltre alla possibilità di riparazione, l'attore deve comunque dimostrare gli altri elementi di legittimazione e soddisfare altri requisiti pertinenti, come la difesa di una causa di azione conoscibile. Anche in questo caso la motivazione descritta dal Justice Thomas appare carente sul lato giuridico, perché rischia di limitare il diritto di parola, mettendolo a rischio di cause di richieste per danni immotivate.

Sono attese sentenze nei prossimi giorni importanti pronunce sulla questione delle regole elettorali, mentre il presidente Biden sta forzando i tempi per l'approvazione di una riforma globale della normativa. In particolare la corte ha ascoltato all'inizio di marzo le argomentazioni orali in due casi sul diritto di voto in Arizona che potrebbero influenzare le elezioni in future. I casi - Brnovich v. Democratic National Committee e Arizona Republican Party v. Democratic National Committee - mettono in discussione la regola locale che prevede l'annullamento di una scheda elettorale se è stata espressa nel distretto sbagliato, mentre l'altra è una legge statale che vieta la raccolta di schede da parte di terzi, a volte denominata "raccolta delle schede elettorali". Dopo quasi due ore di dibattito, la maggioranza dei giudici sembra orientata a sostenere entrambe le disposizioni, ma la sentenza è attesa nelle prossime settimane.

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